Di cosa parliamo: Jessica Jones, seconda mini-serie Marvel TV in streaming su Netflix. Da guardare se: sei fan della Marvel o no, ti interessano i supereroi o no, decisamente se non ti spaventa qualche imprecazione, se ti mancano le storie di investigatori privati e storie un poco sordide.
Jessica Jones non lo guardi, lo bevi d’un fiato, senza bisogno di cliffhanger eclatanti ad ogni fine episodio, più che l’azione sfrutta l’emozione. Certo la programmazione tutta d’un fiato da Netflix aiuta, “binge-watching”, che in formato mini(serie) è anche più comodo. Solo per noi avidi spettatori? Certo che no. Non ci sono pressioni da una settimana all’altra sugli ascolti, palpabilmente la scrittura è più rilassata, ogni plot ha il suo tempo e il suo posizionamento ad hoc nell’orizzonte temporale della rappresentazione; addio all’affanno di spiegare tutto subito, di lasciare col fiato sospeso da una settimana all’altra. Il risultato è un ibrido che dà la soddisfazione di un serial con la qualità del fumetto. Cinematograficamente Jessica Jones è migliore di qualsiasi film Marvel (se è possibile osar dire). La sospensione di realtà è altissima anche se vengono menzionati alieni e superpoteri, anche se è velatamente, non intrusivamente, chiaro che l’universo è lo stesso di Avengers, S.H.I.E.L.D. eccetera e soprattutto l’altra mini-series Marvel dell’anno, Daredevil, apripista della quaterna Marvel TV programmata per il 2015-16. Il quartiere è lo stesso, la cucina dell’inferno, Hell’s Kitchen, dove il peggio del crimine va a giocare. Il tono cambia. Jessica Jones non è visivamente scuro quanto Daredevil, l'aspetto dark si rivela più nelle tematiche e negli Stati d'animo: nulla di più tragico della paura, della sofferenza, della disperazione in una giornata di sole per le strade di New York, la cattiveria e la cupidigia risplendono in ambiente illuminati. Allo stesso tempo, quando le "questioni" in sospeso si snodano nella seconda parte della serie dove la cinematografia è più cupa David Tennant illumina con una performance spettacolare, un po' Loki, un po' Joker. La serie come il suo personaggio principale è più grezza, apparentemente disorganizzata, le scene d’azione sono più “sporche”, terra terra, impulsive.. la regia e la fotografia catturano tutti gli elementi rozzi in una sinfonia di inquadrature e colori capaci di ipnotizzare là dove per seguire Daredevil a volte sarebbe servito dello slow motion, in Jessica Jones il movimento spezzato della storia è tenuto insieme da inquadrature spettacolari e semplici.
Insomma, è tutto un controsenso ponderato che si amalgama come il burro con la farina, un gustosissimo brownie di serie duro fuori con il cuore morbido caramelloso.
Costante il voice-over di Jessica, molto noir, molto anni 50. Ci hanno già provato qualche anno fa a resuscitare il genere ma con scarsissimo successo; forse questa è la volta buona. Già la sigla è old school, tutta ombre, splash di colore, viola e nero, vicoli, città stilizzata e musica allegra giocano con la percezione dando vita ad un quadro spennellato da un alcolizzato depresso con una punta di Bond. Più P.I. noir di così.
Si può:
Supereroi per niente eroi, umani umanamente distrutti, distruttivi, eroici, complessi, fucked-up. Umor e umorismo nero, imprecazioni e sesso. Alcol e temi altrettanto forti come aborto, abuso infantile, stupro, sindrome da stress post traumatico trattati con il peculiare spirito di: “insomma, non siamo qui per farvi la predica, ma nemmeno per indorarvi la pillola, alzati e combatti, non serve il costume per essere un eroe.” Un appunto qui: gira la voce che Jessica Jones sia un grande esempio di telefilm femminista; perché l’eroina è un’anti-eroina che si mette in gioco per sé e per gli altri, perché alcuni personaggi sono liberamente lesbici e ci sono più donne forti che uomini d’onore. Non è femminismo, è umanità. Meglio non glissare sull’aborto e sul concetto di stupro, sono i personaggi che lo chiedono più e più volte nel corso della stagione: non solo intrattenimento dalla Marvel.
Krysten Ritter è sul pezzo, nel pezzo, nella scena: è Jessica Jones. Cattivo David Tennant, ma è inglese, psicopatico Kilgrave mette in gran parte delle sue scene più significanti una leggerezza che fa spavento, davvero, mai prendersi troppo sul serio. Mike Colter è Luke Cage, perfetto colosso di poche parole, parlano lo sguardo e la presenza scenica, tanto l’anno prossimo avrà la sua serie personale per spiegarsi. Quello che importa è che il peso del personaggio per la storia di Jessica Jones viene subito inquadrato, messo a fuoco e usato con tempismo e precisione.
Per ora con la chiusura della prima stagione Jessica Jones ha stabilito la sua storia, le back story sue e dei personaggi intorno e ha inserito il tema di passaggio verso il futuro, ma senza strafare. Molto meta-testualmente se lo dicono a vicenda proprio Jessica e Trish prima della battaglia finale che adesso non è importante, è qui, ma preoccupiamoci di finire questa stagione.
Per i fumettologhi: qualche sentore Hellcat nella storia dell’ancora umana Trish "Patsy" Walker. Nuke (Frank Simpson) è un work in progress.
Tecnicamente la regia e la cinematografia sono spettacolarmente eccellenti. Netflix e Marvel non ne azzeccano “una”.. quasi tutte.
Articolo del
24/11/2015 -
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