Eroe metaforico della sua decade (gli anni Sessanta), il Doctor Strange si muove in una realtà parallela e separata da quella dei suoi colleghi marveliani, aprendo un quarto fronte di battaglie: dopo gli eroi “planetari” (gli Avengers), gli eroi “di quartiere” (Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage), gli eroi “cosmici” (i Guardiani), arriva lui, come capostipite degli eroi “extradimensionali”.
Poco noto ai non-lettori, Strange, Stregone Supremo della Marvel, si muove in universi extrasensibili confinanti col nostro, alcuni benevoli, altri popolati da malevole, lovecraftiane divinità aliene; contro queste ultime Strange è deputato angelo custode dell’umanità. La storia editoriale del personaggio è stata piuttosto ondivaga dal 1963, anno della sua creazione, ad oggi, ma è rimasto nel cuore di uno zoccolo duro di fans decisamente particolari. Negli anni Sessanta c’era già chi viaggiava attraverso dimensioni parallele, senza bisogno di magia, magari protestando e/o combattendo per una realtà migliore: le controculture americane, universitarie e non, si battevano a colpi di LSD, capelli lunghi e Hare Krishna… E la loro lettura preferita era proprio il Dr. Strange.
Un neurochirurgo newyorchese, bello, ricco, egocentrico: l’arroganza dell’establishment, la presunzione dello status quo. Un incidente d’auto gli spappola le mani… si chiude una porta, si apre il portone di Kamar-Taj, ateneo nepalese di super-maghi che accoglie il suo corpo spezzato, ma ricostruisce il suo spirito, iniziandolo alla magia e alle realtà extrasensoriali… Stephen Strange si ritroverà a fronteggiare (e ovviamente sconfiggere) un’invasione di una distruttiva entità maligna che esiste oltre l’orizzonte del Tempo.
Cominciando a scarseggiare gli eroi più famosi, la Marvel non si spaventa, e scava nella sua immensa biblioteca, facendo conoscere alle masse tutte le sue perle più nascoste: il Dr. Strange è una di queste. Per invogliare gli indecisi ci vuole però un cast notevole, e il portabandiera (suo malgrado) dei nerd Benedict Cumberbatch ne è solido e carismatico protagonista (peccato che il doppiaggio italiano spazzi via la sua parte migliore, la voce). Intorno a lui spiccano Tilda Swinton, plurisecolare mistica celta dal piglio provocatorio, e il malvagio (come al solito) Mads Mikkelsen, il “volto che uccide”.
In sala macchine c’è Scott Derrickson (The Exorcism of Emily Rose, Sinister), che ha l’occasione di divertirsi un bel po’ con la CGI, tra battaglie urbane che ai più ricorderanno Inception, e veri e propri “trip” spettacolari e inquietanti, sulla scia dei minuti finali di 2001: Odissea nello spazio (ancora gli anni Sessanta!), conditi però da un ironico voice off della Swinton, molto Marvel-style.
A conti fatti (siamo veramente oltre la monotonia ormai) la cine-Marvel fa ancora centro. Questo è il nostro giudizio se teniamo una visione d’insieme: nel giro di pochi anni i Marvel Studios sono diventati una realtà inarrestabile del panorama hollywoodiano… too big to fail? E’ altrettanto vero però che dal punto meramente cinematografico, “autoriale” (sì, noi europei ancora fissati, anche a sproposito, con la Nouvelle Vague) non siamo ancora sobbalzati sulla sedia… e forse mai lo faremo.
Voto: 4/5
Articolo del
28/10/2016 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|