In Italia le librerie sono presidi della cultura. I negozi in cui si vendono i dischi no.
Infatti, dei negozi di dischi i mezzi di comunicazione non parlano mai, fatta eccezione (irrilevante) per l’ormai famigerato Record Store Day.
Una decina di anni fa queste pagine ospitarono numerose interviste rilasciate dai titolari di rivendite di dischi italiane. Oggi, l’uscita in DVD del documentario diretto da Dario Calfapietra ci dà l’occasione di tornare sull’argomento. Un’opportunità impagabile, perché ricostruire la storia di Disfunzioni Musicali, attraverso le parole di chi quell’attività l’ha portata avanti e animata per tanto tempo, significa anche fornire uno spaccato del circuito culturale legato alla musica e alla sua fruizione, a Roma, tra l’inizio degli anni Ottanta e i primi anni del terzo millennio.
Come raccontano Fabrizio Spera, Marco Clementi, Sandro “Polpo” Mannelli e Sante Calvaresi, col sostanzioso contributo del giornalista Federico Guglielmi, Disfunzioni Musicali nasce nel 1981 grazie alla passione di quattro giovani (Dino, Domenico, Gianni e Alberto) intenzionati ad avviare un negozio slegato da logiche puramente commerciali, in cui trovare dischi, e generi, altrimenti irreperibili in città.
Nel giro di cinque anni, il trasferimento in locali più ampi, e, col passaparola, il considerevole ampliamento di una clientela che si fidelizza e diviene sempre più assidua. Chi cerca titoli di nicchia “va da Disfunzioni”, ma l’offerta del negozio può soddisfare palati diversi: dall’avanguardia al noise e al Goth, dal punk al folk, dal rock al metal.
I racconti degli intervistati rendono chiaro che Disfunzioni Musicali diventò un luogo di aggregazione per appassionati di musica. Ci si incontrava lì anche solo per ascoltare quello che al momento girava sul piatto del giradischi; si soddisfava la curiosità accesa dalle nuove uscite discografiche; i gruppi amatoriali in cerca di musicisti lasciavano messaggi sulla bacheca; si potevano acquistare, tra l’altro, demotape a prezzi irrisori; si scambiavano informazioni e dritte anche con avventori che magari non si conoscevano.
È importante sottolineare l’importanza divulgativa dell’opera di Calfapietra. Il documentario si concentra su un contesto definito e circoscritto; tuttavia, che “Disfunzioni Musicali” rappresenti la “scena romana” passa in secondo piano se si considera come testimonianza delle dinamiche e dei rapporti che si potevano/possono sviluppare attorno a un negozio di dischi: la relazione tra i gestori e la clientela, la condivisione di passioni, la scoperta di artisti e sonorità diversi, l’ampliamento e la messa in discussione di gusti e interessi, e, ovvio, il puro piacere di fare quattro chiacchiere.
Logicamente, il DVD sarà apprezzato in particolare da chi ha frequentato Disfunzioni Musicali: gli aneddoti e i “retroscena” (il montacarichi; gli ascolti “inflitti” a chi ci lavorava; gli eventi organizzati, che hanno coinvolto artisti quali Ramones, CSI, Alice Cooper, e Bruce Dickinson degli Iron Maiden) sono gustosi e divertenti.
L’edizione è arricchita da una lunga, illuminante intervista a Federico Guglielmi, veterano della critica musicale, la cui biografia è indissolubilmente legata ad alcune delle nuove tendenze e sonorità sviluppatesi nell’underground (punk e new wave) a partire da fine anni Settanta/inizio anni Ottanta. Durante il colloquio con Calfapietra, il giornalista fa riferimento a etichette indipendenti, reperibilità di dischi quasi introvabili, e sbattimenti; alla voglia di “diffondere il verbo” e alla produzione e promozione di gruppi locali di belle speranze; ai club che ospitavano concerti di musiche per un numero ristretto di estimatori, e alla clientela eterogenea che vi si ritrovava. Interessanti anche la domanda posta dal regista sul ruolo della critica musicale al giorno d’oggi, e la risposta lucida, e non scontata, fornita da Guglielmi.
C’è da augurarsi che siano in tanti ad acquistare questo DVD, per ricambiare Calfapietra del regalo inaspettato e prezioso che ha fatto a tutti quelli che frequentano, o hanno frequentato, un negozio di dischi.
In un paese meno provinciale del nostro, “Disfunzioni Musicali” sarebbe valorizzato e figurerebbe tra le iniziative che riguardano i “cultural studies”. Peccato che l’oggetto di indagine non siano i libri…
Articolo del
15/03/2022 -
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