Siamo tutti un po' il giovane Mario. Il giovane Mario è un sognatore, e il suo sogno è di diventare milionario, e di poter comprare finalmente quel maxi televisore tanto desiderato per poter guardare insieme ai suoi bambini un quiz in tv, in un perfetto quadretto di famiglia. Come ogni uomo, il giovane Mario lotta ogni giorno per raggiungere la sua felicità, fatta di piccole soddisfazioni quotidiane, ma allo stesso tempo tende ad abbandonarsi ingenuamente a sogni di gloria smisurati e illusori.
È anche, infatti, l'uomo privo del senso del contegno e della misura, è l'uomo poco saggio, che si lascia trarre in inganno troppo facilmente: pur di realizzare il sogno in cui confida ciecamente, finisce per sperperare in gratta e vinci e slot-machine tutto il suo denaro, indebitandosi continuamente e, così, stretto nella morsa della dipendenza dal gioco, getta tutta la sua famiglia in una situazione di grave povertà. In questo modo finisce per 'vivere al contrario', perché è proprio la sua stessa ostinata ricerca di ricchezza che lo porta a vivere la situazione opposta a quella sperata.
Inizia così il declino del giovane Mario, che ora torna tardi la sera, ha pochi capelli in testa e con difficoltà riesce a portare a casa 'una specie di cena', appena sufficiente a sfamare le quattro bocche enormi dei suoi figli. Si fa sentire la tremenda bestia della fame, e quella del freddo, tanto che il suo cane trova un po' di calore solo nella morte, e finalmente smette di tremare. La tragicità della situazione è ormai innegabile, ma Mario non si arrende, si sforza di usare parole dolcissime per rassicurare la moglie ormai stanca delle solite infinite promesse mai mantenute:'amore mio, lo sai che sono un grande giocatore qui, nel gioco della vita, questa volta è andata male, ho puntato sul cavallo sbagliato, ma mi restano ancora tre biglietti per la lotteria, quindi stai tranquilla, la prossima volta andrà meglio, vincerò, e ti farò dimenticare questa miseria una volta per tutte'.
Mario, come tutti, è un uomo terribilmente fragile e indifeso, in balia del costante maremoto della vita, nel quale però, a differenza di altri, non ha ancora imparato a barcamenarsi. Mario è ormai consapevole di aver sbagliato, è consapevole di non poter più tornare indietro, è disperato, ma, ancora una volta, cerca di immedesimarsi in un ruolo che non gli è mai appartenuto, quello del padre di famiglia, quindi raccoglie le sue ultime forze per costruire una maschera rassicurante di uomo capace ed esperto dell'arte del vivere, dietro alla quale nasconde tutte le sue umane paure e insicurezze.
Ma è sempre la vita che, ancora una volta, con grande rigore e amarezza, gli ricorda che fingere di essere un uomo non basta, che le luci colorate delle slot-machines non brillano come le stelle del cielo, e che le promesse fin troppo fiduciose non placheranno la fame dei suoi figli. È un uomo ormai allo stremo, non gli resta che trascinare la sua esistenza giorno per giorno, fissando il calendario e sperando di arrivare a fine mese, per poi ricominciare nuovamente il suo angosciante calvario. Il giovane Mario non è altro che un povero Cristo, un'anima costretta ad affrontare i dolori e le sofferenze di una vita che non ha mai imparato a vivere, e, proprio come Cristo e come ogni altro uomo, porta sulle spalle una croce, tanto pesante da schiacciarlo, tanto pesante da portarlo ad arrendersi, senza neanche pensarci troppo.
Il giovane Mario è ora alla fine, all'epilogo della sua patetica vita fatta solo di speranze e sogni irraggiungibili, bugie e promesse non mantenute, delusioni e sofferenza. Ma prima di raggiungere la sua definitiva pace, si rivolge ancora una volta alla moglie, con una sincerità e con una dolcezza disarmanti, spogliando tutte le sue paure tenute nascoste fino a quel momento: Mario ammette di aver deciso di mollare, ma il suo gesto denota una consapevolezza maggiore, una sorta di agnizione dei propri errori, e infatti è lui stesso ad affermare che 'ho giocato troppe volte nella vita, ed è con la vita che ora devo pagare'.
Compone quindi un brevissimo testamento in cui confida alla moglie di aver lasciato chiuso in una scrivania tutto ciò che resta (non della sua ricchezza ma) della sua miseria, e immagina poi che in un futuro la sua famiglia potrà essere finalmente felice e non soffrire al ricordo di lui e del tempo della povertà. Questa terribile tragedia volge così al termine, ma è proprio in questo momento che avviene la svolta: Mario non è solamente un illuso e fragile sognatore, ma è anche un uomo empiricamente inetto che, proprio in virtù della sua inesperienza nel vivere, non riesce nemmeno a morire. Non tiene conto del solaio e, nel tentativo di impiccarsi, il massimo risultato che riesce ad ottenere è di tirarsi addosso il lampadario.
Quando riapre gli occhi, Mario si ritrova in una stanza d'ospedale, con un gran mal di testa, e accanto a lui c'è Maria che, con affetto materno, lo guarda e con infinita dolcezza e comprensione 'perdona l'ennesima bugia'. Il giovane Mario è quindi un personaggio terribilmente umano; la sua storia viene inizialmente raccontata con grande tragicità, per enfatizzare ancora di più la pateticità dei piccoli drammi quotidiani caratteristici della vita di un uomo che non può far altro che tentare di destreggiarsi in questo complesso gioco, trascinandosi tra mille difficoltà e cercando di non soccombere. Ma c'è anche tanto altro: la storia di Mario racconta anche della viscida bestia che si cela dietro al gioco d'azzardo, che in modo infame fiuta e tenta sempre di azzannare l'uomo più debole e incline alla dipendenza, il più tenero e facile da divorare.
Da qui viene la povertà, esasperata ai massimi livelli, tanto che Mario non riesce neanche più a portare a casa una cena per la sua famiglia. Tuttavia, se da una parte il protagonista diventa forte emblema di umanità incarnando alla perfezione i drammi e le contraddizioni umane, dall'altra è anche oggetto di scherno e derisione: Mario è un personaggio grottesco, a forti tinte fantozziane, che viene presentato alla fine del brano in chiave ironica e caricaturale come un uomo che, condannato dalle continue sventure della sua esistenza, pensa alla morte come unica alternativa e, nel momento estremo in cui nulla sembra ormai impedire il compimento della sua volontà, un insulso difetto di progettazione manda nuovamente tutto a rotoli.
Mario è l'eterno sconfitto, uno Zeno sveviano che rappresenta l'inettitudine e l'incapacità degli uomini di gestire il caotico susseguirsi degli eventi della vita, apparentemente organizzata secondo logiche incomprensibili. Nonostante ciò, sarà proprio nel momento più basso della sua esistenza che Mario, seppur dal letto di un ospedale, intravederà la luce. E poi? Cosa farà il giovane Mario? Imparerà finalmente a vivere? E se sì, come? Non ci è dato saperlo, ma già nel '79, qualcuno cantava: 'Mario, non ti resta che l'amore', 'Mario, non ti resta che cantare': si tratta di Enzo Jannacci, che in un brano dell'album 'Foto ricordo' sembra offrire al giovane Mario brunoriano una dura ma reale constatazione sulla vita; Mario quindi non potrà far altro che cantare e amare, come unica alternativa alle sofferenze e alle difficoltà, per non rischiare di arrivare ad 'ascoltare l'eco che hanno messo sul finale'.
La povertà estrema che fa da sfondo alla vicenda trova un suo riflesso anche nella melodia, che è strumentalmente scarna ed essenziale, spoglia e arida: in tutto il brano, dall'inizio fino alla fine, un pianoforte-carillon synth ripete degli accordi dal timbro grave e opaco, poco definito, con leggere dissonanze; solo nei ritornelli compare anche un violoncello che, per differenziare questa sezione della melodia, esegue un lento contrappunto rispetto alla voce. Quest'ultima è invece estremamente ricca di pathos, e riesce a riempire e ad attenuare quel vuoto eccessivo determinato dalla semplicità delle melodie strumentali.
La voce di Brunori è graffiata, esasperata e struggente nei momenti caratterizzati da maggiore emotività e tensione, ma è una voce che sa anche essere dolce e pacata, in particolar modo nel finale del pezzo, in cui gli accordi diventano maggiori e transitano su un registro più acuto, si aggiunge un sereno fischettio e tutta la sofferenza sembra essere ormai dissolta, per lasciare spazio ad una nuova tranquillità.
Articolo del
28/01/2021 -
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