Direi che un disco alto come “In Between” è un disco per i reietti, per i banditi, per chi vien scomodo alla società (dello spettacolo e non solo). Un modo violento ma decisamente ricco di visioni per contenere un suono ampio e libero come questo. Sono i Bir Tawil, progetto a firma di due musici migranti che al mondo hanno chiesto la possibilità della contaminazione e della ricchezza da raccogliere all’indomani di uno “scontro” socio-culturale. Sono Carlo H. Natoli e Dario De Filippo, siciliani di origini, apolidi per il resto del loro DNA. Disco realizzato tra Londra e la Francia dentro cui trovano riparo le voci altrettante di confine di Cesare Basile, Hafid Bidari (Bania, Orchestre National de Barbès,), Julie Mélina Macaire-Ettabaâ (Làk) e Baptiste Bouquin (Surnatural Orchestra). “In Between” si incontrano e si “scontrano” le percussioni dell’Africa con i gelidi modi del nord, elettronica con il mestiere artigiano dell’analogico, la Sicilia che dialoga con i deserti. Esiste un mondo dentro questo disco che di certo non cerca l’approvazione delle regole dell’abitudine e di sicuro canta e cerca di fotografare quel concetto che deriva dalla discriminazione, in bilico e sospesa dentro una non ben definita categoria a cui appartenere. Un disco che decanta quanto ancora siamo primitivi come popolo e come civiltà del futuro.
Un disco lontano da ogni cosa. Di conosciuto ha il timing, il ritmo, una sorta di regola per starci dentro. Il resto e' contaminazione. Partiamo da qui: perche' l'Africa e perche' poi il progresso? Perché l'Africa è l'unico progresso possibile, soprattutto alternativo alla decadenza che viviamo da questa parte del mondo. Non solo politicamente, ma anche e soprattutto musicalmente: qualunque musicista di provenienza o residenza africana ci capiti di sentire, anche fra gli esponenti del pop pie' becero e di classifica ci da spanne, specialmente in quanto ad attitudine e convinzione, senza nemmeno bisogno di tirare in ballo eminenze come tutta la scena desert, Malouma o Ali Farka Toure'. Basta pensare poi a progetti come Afrorack (dove un d.i.y. di necessità diventa genio vero e proprio), per capire che siamo destinati ad essere eterni debitori perennemente di questo continente negletto e martoriato. Inoltre, da siciliani, tendiamo a sentirci un po’ come ‘‘les concierges’’ d’Europa; sull’isola non ti rendi conto, ma vivendo (e guardando) da fuori capiamo quanto le nostre culture siano vicine.
“In Between” è un disco per i reietti, per i banditi, per chi vien scomodo alla società (dello spettacolo e non solo). In che modo poi la musica ha celebrato tutto questo secondo voi? Mai abbastanza. E troppo spesso puntando sul mauditismo dell'artista di turno. Non ci fossero stati i cantautori (in Italia soprattutto) o più in generale artisti politicizzati a parte pochi grandi si parlerebbe ancora solo ed esclusivamente di stupidaggini. L'unica ancora di certezza, nel raccontare e celebrare la gente (come Volk) è sempre stata la folk music e abbiamo imparato (e rubato) negli anni a trovare la stessa forza espressiva e valenza rivoluzionaria nella musica dei Griot dell'Africa Occidentale come nel Rebetiko Ateniese degli anni '30. Noi dal canto nostro, non ci siamo posti molte domande, abbiamo solo fatto musica, liberi, ufficiosi, testardi e fieri.
E diteci dei suoni dentro la cui ragione si concepisce tutto della contaminazione. In questo sento che parte di mondo troviamo? Di sicuro gli aborigeni da una parte e Berlino dall'altra se mi si concede l'allegoria… Siamo isolani da generazioni, siamo abituati a prendere quello che ci serve (anche se imposto dall'alto) e cucinarne una versione nuova e personale. Quando per motivi di vite, famiglie e lavoro, siamo finiti in un altrove qualunque (in realtà come sempre ci sono state transizioni, passaggi temporanei e attraversamenti) abbiamo aggiunto nuovi ingredienti, naturalmente, senza troppa pianificazione: alla fine suoniamo semplicemente road music, ma è una strada lunga, che passa da molti posti, e con una storia da raccontare.
L'elettronica e il futuro hanno un peso determinante per il disco. Il passato anche ovviamente. Voi che rapporto avete con l'uno e con l'altro? Siamo nostalgici del futuro e inconsapevoli del passato. Questa è una condizione umana. Personalmente poi, essendo in uno stato di viaggio perenne, sono solo punti, davanti o dietro, poco importa. L’elettronica è solo un altro strumento alla fine, che ha trovato il suo posto a forza nella società, mentre nella musica sembra avere una sua armonia. Almeno per ora.
In rete il primo video di Season of man, dove troviamo anche una delle preziose feat. del lavoro (Hafid Bidar nello specifico). Se non erro questi video saranno poi un documentario o sbaglio? Si tratta di un teaser, contemporaneamente del disco e di questo lavoro video in corso d'opera, un documentario in forma di suoni e immagini, su un isola perduta, lontana dagli stereotipi delle agenzie di viaggio straniere, delle fiction televisive o dei soliti stereotipi da scardinare: un ultra luogo da attraversare, come Bir Tawil, e che per il momento e' nelle mani di Giuseppe Firrincieli (videografia) e Alessandro De Filippo (parole e ricerche)
Dalla distanza alla vicinanza. Andrete anche dal vivo? E come? In realtà non siamo particolarmente distanti noi due, ci separa solo la Manica. E ci continua a ricordare I privilegi di molti e I limiti di tanti. Abbiamo già debuttato, il 22 e 23 aprile scorsi, dal vivo a Trieste (e dove altrimenti se non al confine) all'interno di una produzione costruita intorno alla nostra musica da Hangar Teatri, in un concerto reading (con l’attrice Valentina Milan) che raccontava del viaggio, di Danilo Dolci, di Trieste, della ex-Jugoslavia e della Sicilia. A metà giugno saremo in giro in Inghilterra per un po' di date, tra cui il 17 al Migration Matters a Shef field (che tra l'altro quest'anno include una serie di progetti a noi particolarmente cari come Les Amazones d'Afrique, Seun Kuti, Fehdah) e poi a fine luglio saremo in Sicilia per una settimana. Dal vivo siamo solo in due, corde, voce, percussioni e live electronics: rispetto al disco stiamo aprendo strade di improvvisazione e stiamo cominciando a scrivere materiale nuovo ogni volta che è possibile, certe volte portandolo live nel giro di qualche ora, c'e' una flessibilità estrema in questo senso, anche nella natura della musica che può oscillare tra una dimensione cinematica o da ballo a seconda del nostro mood e della serata. Avremo ogni volta che e' possibile ospiti, sia quelli del disco che altri di volta in volta diversi, perché alla fine lo scopo vero di stare sulla strada con la musica e consegnarla a qualcun altro, mentre te ne fai dare di nuova da chi non conoscevi.
Articolo del
06/06/2022 -
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