Non possiamo prescindere dall’esoterismo, dall’occulto, non possiamo prescindere da tangibili riferimenti non terreni. Eccolo “Strategia Esoterica” il ventitudeismo disco di DECA. All’anagrafe Federico De Caroli, artista e compositore poliedrico di lunghissimo corso, un curriculum davvero importante… impegnato ora più che mai nel dare al suono e alla scrittura derive alchiliche, spirituali, di dimensioni energetiche altre dal normale e dal quotidiano. Non saprei come altro spiegare un disco come questo che disegna fratelli, epigrafi, luminescenze dentro un suono realizzato in modo artigiano, di ricerca e di alterazione, di un mix che confonde le voci e gli strumenti in un flusso di coscienza più che di forme strutturate. È un flusso questo disco…
Non esiste identità dentro questo disco… come nella copertina: la figura scura non deve svelare altro. Ha senso questa chiave di lettura se la riportassi anche al suono? Nel tempo ho consolidato questo "vezzo" di apparire sempre - con svariate modalità - sulla copertina dei miei album ufficiali in studio. Non fa eccezione Strategia Esoterica. Pur vero che stavolta la figura in ombra non rivela la sua identità, celando il volto. Tuttavia incarna in modo inequivocabile una creatura panica, satiriaca o se vogliamo demoniaca. Quelle corna ritorte hanno un valore inconografico tradizionale abbastanza universale. Funzionale al concept dell'album che si relaziona alla cultura esoterica, all'alchimia, alla divinazione. Ecco che questo Baphomet di spalle, in verità, carica di un'identità precisa la genesi e l'essenza dell'opera. Sostenuto, poi, da tutte le altre immagini che sono nel booklet del CD e dai titoli stessi dei brani. Ma c'è del vero anche nell'affermazione che "non deve svelare altro". Perché chi ascolta questa musica in effetti compie un percorso di svelamento. Procede tra luce e tenebra, muovendosi strategicamente sulla scacchiera (o sul pavimento del tempio massonico) per conoscere via via il tracciato del labirinto. Per trovare le chiavi che aprono via via le porte. Per trovare il talismano. Il suono è il tramite, è il mezzo, è l'elemento catalizzatore che consente la trasmutazione alchemica. L'identità gliela assegna ogni volta ciascun individuo a ogni ascolto.
L’elettronica che ruolo ha avuto in tutto questo? La tecnologia elettronica credo sia ormai una componente necessaria e inevitabile di qualsiasi produzione musicale. Anche del più informale disco di ballate unplugged, perché il prodotto finale delle registrazioni per essere fruito ha bisogno di certe caratteristiche tecniche. In ogni caso, è vero che musica come quella che scrivo da quarant'anni fa un largo uso di sintetizzatori, campionatori e processatori di suono. Vengo solitamente nominato come parte della scena elettronica; benché sia comunque una scena molto ampia, variegata, eterogenea. Ma ho cercato di mantenere un approccio artigianale nel processo di creazione dei suoni e di stratificazione della musica. Non utlizzo quasi mai sequencer, non utilizzo scorciatoie tecnologiche, niente software con strumenti vituali. Suono tantissime parti a "mano libera" sulla tastiera, manipolo i suoni con i metodi più svariati. Per essere un compositore elettronico, in realtà ho un rapporto con l'elettronica molto trasversale.
I suoni naturali, acustici, li hai trattati con l’elettronica o con altre tecniche acustiche? Alcuni brani dell'album contengono suoni ambientali e anche voci umane. Talvolta la loro elaborazione è minima e restano distinguibili nelle loro caratteristiche sostanziali. Talvolta sono stati pesantemente manipolati fino a diventare qualcosa di diverso. Le modalità sono sovente elettroniche in questo caso, laddove la trasformazione si compie in più passaggi e quindi necessita di una filtrazione e purificazione che non distorca o non sporchi. Quando vado in studio a mixare e masterizzare, il mio ingegnere del suono di fiducia viene matto a mantenere gli equilibri di volumi e frequenze. L'elaborazione dei suoni naturali, soprattutto, genera spesso una gamma di frequenze davvero ampia e difficile da gestire.
La voce come strumento: che peso ha la voce per te nel tessuto sonoro? L'unico album della mia discografia in cui compaiono vere e proprie canzoni è Claustrophobia ed è un album del 1989. I brani cantati erano solo tre, tra l'altro. E i testi erano in un linguaggio codificato di mia invenzione. Per cui diciamo che il 99% della mia produzione ufficiale resta strumentale e non ha nulla a che vedere con la forma-canzone tradizionale. Ciò non significa che l'uso della voce sia stato costantemente alienato. Anzi, in tutti i miei dischi ci sono tracce vocali, anche se spesso sono amalgamate o ben dissimulate negli strati del suono. Nel mio lavoro d'esordio Alkaid (1986) avevo campionato - con i limitati mezzi di allora - brevi frammenti di voce per poi inserirli in alcuni pezzi. Così come in certi brani dei successivi lavori giovanili ci sono frasi o singole parole registrate in mezzo alla musica. Però quello era un utilizzo improprio o accessorio della voce. Più con una funzione di effetto che altro. Nel tempo mi sono ingegnato a collocare parti vocali più strutturate e a creare suoni originali partendo da registrazioni vocali. Così nel nuovo album Strategia Esoterica c'è una traccia (Genesi Apocrifa) in cui affiorano dal magma sonoro dei cori arcani e inquietanti, realizzati in più fasi in stato di trance e poi elaborati per variare la tonalità e il timbro. Volevo ottenere un'atmosfera ancestrale, quasi aliena, con voci molto anomale, ma comunque riconoscibili come tali. Per questo non ho fatto ricorso, ad esempio, a suoni artificiali che imitano la voce umana. Sarebbe stato più semplice, ma non altrettanto efficace. Anche il brano d'apertura (Energia Iniziatica) è pieno di vocalità, benché sia mimetizzata in quei "suoni sospirati" che si sentono lungo la linea armonica principale.
Oggi un disco simile che ruolo e che posto pensi che possa avere dentro le trame di questa società? Esistono nicchie di pubblico che seguono con passione la scena cosiddetta industrial e dark-ambient. La seguono per il tipo di atmosfere e di sonorità che ci trovano. Ma le nicchie si sintonizzano anche sulle tematiche, come l'esoterismo, la cultura iniziatica, l'occultismo. E lì l'interesse è trasversale ai singoli generi musicali. Ad esempio, ci sono molti metallari che seguono il filone industrial quando ha attinenze con l'esoterismo. E sorprendentemente anche molti appassionati di musica classica apprezzano la scena ambient più "oscura". Sono pur sempre nicchie, è vero. Ma il punto è che il mercato pop mainstream, quello per il grande pubblico, si muove su binari talmente fissi e pervadenti da ostracizzare qualsiasi digressione e proposta alternativa. La musica di largo consumo è diventata davvero un prodotto da scaffale del supermercato, suddiviso per trend precisi. I dischi realmente differenti ci sono, ma quasi nessuno sa che escono e comunque sa come procurarseli. Se il web oggi facilita la distribuzione a chiunque, poi la visibilità e l'accessibilità sono un altro paio di maniche. Proprio perché in un panorama di produzione ipertrofica (ogni giorno solo in Italia escono decine di album) è ancora più difficile farsi notare rispetto a trent'anni fa. E chi consuma musica lo fa spesso distrattamente, pescando nel mucchio, frammentando gli ascolti e l'integrità degli album. Eppure sono in tanti a esprimere il bisogno di un sound differente, meritevole di attenzione, calma, immersione sensoriale. La musica che torna a farsi dimensione di raccoglimento e sogno e che richiede il giusto tempo. Grazie alla comunicazione ad personam, anche i miei dischi più ostici e fuori dal coro hanno coinvolto ascoltatori abituati al pop radiofonico, al cantautorato, al rock tradizionale. Una volta scoperto che qualcosa di completamente diverso è a portata di orecchio, scaturisce interesse, voglia di approfondire, di farsi coinvolgere da dinamiche totalmente diverse. Colonne sonore psichiche, esperienze oniriche. Musica che lavora nel profondo del subconscio. Che poi è musica - questa - che esiste almeno dalla fine degli anni '60. Ma è cambiata la cultura dell'arte, si è omologato l'approccio all'arte, sono mutati tempi e abitudini. Il prodotto musicale è sempre più viziato da logiche di profitto. Nonostante ciò, il sottoscritto e molti altri colleghi continuano a muoversi su un piano alternativo e a costruire qualcosa di realmente alternativo. Che è anche un lascito meno labile per la posterità.
Articolo del
01/07/2024 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|