È un tempo distopico quello che accoglie canzoni di cronaca e di “politica” in senso romantico di questa parola, come spesso si dice. Di certo Tommaso Talarico sa bene come fotografare il tempo che c’è dentro canzoni semplici, romantiche, efficaci. Sono parole quotidiane quelle dentro “Canzoni d’amore per un paese in guerra”, sono pennellate d’autore che danno a questo disco una potenza e uno spessore sicuramente maturo. Dalle tinte anche rock a tratti, di un suono ripreso live per conservarne le intenzioni. Inevitabile con lui parlare di questo tempo fatto sempre meno di uomini e sempre più di macchine intelligenti.
Partiamo dal futuro di questa copertina nata dall’AI. Un disco così classico però sposa il futuro in tal senso. Perché? O meglio: perché no? Avevo in mente un'immagine molto precisa per la copertina, e certamente avrà contribuito la mia passione per lo scrittore americano Cormac McCarthy, ma in realtà mi premeva che fosse qualcosa che potesse raccontare al contempo la mia indignazione per il presente e le mie paure riguardo al futuro. Se ci pensi bene viviamo una contemporaneità ipertecnologica, all'interno della quale è in sofferenza l'etica condivisa che è nata dopo la seconda guerra mondiale. Ho pensato che un'immagine generata dall'AI, ma appartenente al nostro tempo e ad ogni tempo, potesse raccontare bene questo cortocircuito
Domanda provocatoria: non trovi che sia “semplice” o addirittura di facile retorica per noi parlare di guerre e di esodi clandestini? Qualcuno potrebbe dire: comodo per noi… cosa rispondi? Rispondo che non sono d'accordo con questo punto di vista, per diversi motivi.Il rischio di cadere nella facile retorica è sempre dietro l'angolo quando si vuole raccontare qualcosa, ma questo non vuol dire che si debba rinunciare a prendere una posizione. Occorre rispetto e amore per la verità. Mi preme precisare che l'album non racconta solo la guerra in quanto tale, ma la nostra società che cambia, il riemergere di paure irrazionali, la traballante impalcatura della nostra democrazia, la perdita dell'empatia, la nostra incapacità di saper riconoscere noi stessi e l'altro immersi come siamo dentro alla frenesia da produttività e all'iperconnessione dei social media. La nostra indignazione ormai viene inutilmente rovesciata lì, ma nessuno si salva da solo, e questo dolore che ci sfiora non ci è estraneo. Un tempo eravamo noi a reclamare aiuto e giustizia, domani potrebbe toccarci di nuovo.Io voglio raccontare storie di esseri umani,storie senza tempo, e penso che appartengano anche a noi.
C’è tanto rock in questo disco. Quanto lo devi alla produzione live in studio? Prima ancora di andare in studio c'era già un'idea di suono, di come doveva essere, e di questo avevo discusso con Gianfilippo Boni, che ha curato con me la produzione artistica, e con i musicisti durante le prove. Volevo che avesse un suono da band e che fosse rock, ma un rock evocativo. Poi quel che è accaduto in studio è stata magia pura, perché tutto è venuto fuori esattamente come desideravo, e il merito va tutto ai magnifici musicisti che hanno collaborato con me. Avevamo solo due giorni a disposizione e temevo che qualcosa potesse andare storto, ma non è stato così, Ancora oggi mi chiedo come abbiamo fatto !
E di questa produzione quanto hai “rimaneggiato” con sovraincisioni o con dell’elettronica? Pochissimo. Tieni conto che in post produzione sono state aggiunte solamente alcune sovraincisioni di chitarre, i cori di Marilena Catapano e i contributi esterni che si sentono all'inizio e alla fine di alcuni brani
Copertina a parte di cui ormai conosciamo la citazione. Ci sono altri libri dentro questo disco? Beh,io amo la letteratura, sono un cosiddetto "lettore forte", e a volte solamente dopo molto tempo mi capita di rendermi conto che una frase o un'immagine che ho usato in una canzone magari venivano da qualcosa che avevo letto. Nel caso di questo disco posso citarti "La scomparsa di Majorana" di Leonardo Sciascia, che ha ispirato appunto "Majorana", e un saggio storico molto famoso, "Il secolo breve" di Eric J. Hobsbawm. La storia è una mia passione. Poi sicuramente c'è tanto altro nascosto tra le pieghe delle canzoni.
Hai ripescato “La tua paura”, un brano che conosciamo da tempo. Veste nuova ma comunque hai pensato potesse far parte di questo nuovo disco. Perché? La tua paura è un pezzo che ho pubblicato nel 2019, solamente come singolo. E' un brano che racconta la dinamica della costruzione del nemico, che è qualcosa che ha attraversato tutta la storia del Novecento, ma anche altre epoche storiche. Mi è sembrata perfetta, semplicemente perché racconta la nostra parte peggiore, quella facile preda dei demagoghi di turno, abili nel farci credere che il nostro disagio, economico o esistenziale, sia sempre colpa di qualcun altro. Poi ho cambiato qualche parola del testo e l'arrangiamento è completamente nuovo. È un brano duro, ma penso che racconti qualcosa di noi. Non tutto, ma qualcosa.
Articolo del
25/02/2025 -
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