Ne avevo dato notizia dell’uscita di questo esordio. Oggi, come promesso, torniamo ad indagare da vicino. Quanto passato e quanta aria di decadentismo (in senso romantico e affascinante del termine). Quanto suono ricercato e lasciato libero dentro i colori scuri di Laura Vittoria, cantautrice e poetessa milanese che sforna un lavoro prezioso dal titolo evocativo "Kein Traum" uscito per la cordata italo americana Tempesta Dischi / Manimal Vinyl e che vede alla produzione artistica anche la mano del grande Marco Fasolo. Come un circolo chiuso questa voce apre e chiude l’ascolto restituendo alle parole una dimensione allegorica. Poi la scrittura fatta per immagini, così il suono che costruisce ripari di fragilissima quiete. È uno di quei grandi dischi fatti di attese e sospensioni…
Poeta... dunque la parola è tutto per te? Non direi... No. Più che le parole, il linguaggio significa (quasi) tutto per me, per noi. Il linguaggio non è fatto solo di parole, ovviamente. Per esempio, in poesia, anche i silenzi e gli spazi bianchi hanno un’importanza monumentale, all’interno del testo. Così come le pause e gli svuotamenti nella musica. Direi, quindi, che mi interessa di più il linguaggio, rispetto alla parola.
E che rapporto hai con questo tempo dentro cui si semplifica tutto, si deformano anche le parole... e tanto...? Un rapporto forzato, scandito dai ritmi a cui in qualche modo sentiamo di dover sottostare. Sono intrappolata, come tutti. Nel concetto di libertà, una libertà mostrificata.
Un disco che a sentirlo sembra vivere lontano nel tempo e nello spazio dalle normalità digitali di oggi. Questo disco che rapporto ha con i social network e i suoi paradigmi? Non sono particolarmente attiva sui social, e fino a qualche anno fa non li avevo e li odiavo. O meglio, detestavo l’idea di dover sponsorizzare la propria arte su un social, tra la pubblicità di un nuovo prodotto per i capelli e un reel di cani che vomitano. Adesso ho Instagram e Facebook e qualche volta, sì, li uso per parlare di ciò che faccio.
E questo modo di essere vintage anche nell'immaginario?
Non è ricercato. Sinceramente, prima che uscisse il disco, non avrei pensato di vedere la parola “vintage” associata ad esso. Mi ha stupito leggerla, e l’ho letta più di una volta. Quindi non so cosa dire al riguardo. Sicuramente ho apprezzato e apprezzo moltissima arte non proprio recentissima. E direi il cinema, soprattutto, visto che hai citato l’immaginario. Per quanto riguarda la pasta sonora del disco, l’atmosfera un po’ retrò, invece, è sicuramente stata esaltata dal lavoro sui suoni da parte di Fasolo.
E il titolo "Kein Traum"? Che ragione porta con sé? In tedesco significa “nessun sogno”, ma “Traum” a noi ricorda la parola “trauma”. Mi piaceva questa ambivalenza.
Articolo del
28/05/2025 -
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