Donato Zoppo è critico musicale di valore, autore di 24 libri di cui 5 su Battisti. Di lui ho apprezzato particolarmente “Amore, libertà e censura – Il 1971 di Lucio Battisti” (2011, Aereostella), una ricostruzione e un’analisi approfondite del primo vero album (non mera raccolta di successi o canzoni già edite risuonate) del reatino (e uno dei suoi LP più importanti), “La filosofia dei Genesis. Voci e maschere del teatro rock” (2015, Mimesis) e anche “Prog – Una suite lunga mezzo secolo” (2016, Arcana). Non ho letto tutte le opere di Zoppo, ma mi dicono che sia molto buono anche “Caution Radiation Area. Alle fonti della musica radioattiva” (2016, Aereostella).
Questo nuovo lavoro è dedicato a uno dei dischi meno indagati di Battisti, ”E GIÀ” (1982), forse perché non uno dei più riusciti, ma snodo fondamentale (assieme a quelli prodotti a Pappalardo dello stesso periodo) nel passaggio di Lucio dalla fase mogoliana a quella panelliana, che tanto divide i fans. Prima se ne erano occupati con un certo approfondimento solo Luca Bernini, nel saggio “E già”, contenuto in “Specchi opposti” di Ivano Rebustini (2007, Arcana, pp. 10-52) e Luciano Ceri, nella seconda edizione di “Pensieri e parole” (2008, Coniglio, pp. 290-299, ricche di testimonianze inedite); importanti, ovviamente, anche le pagine dedicate al disco da Michele Neri in “Lucio Battisti. Discografia mondiale” (2008, Coniglio, pp. 508-513).
Zoppo si è assunto un compito difficile, perché le testimonianze sulla vita privata di Battisti, da sempre scarse, sono particolarmente labili nel periodo preso in esame (1980-1982): e allo storico della musica sono informazioni che servono, non per amore del gossip, ma per sapere e capire come è nato un certo disco, da quali incontri, esperienze, sperimentazioni, ecc., dato che qualsiasi opera d’arte nasce dalla vita del proprio autore. E per raccontare questi due anni cruciali nel percorso di Battisti Zoppo ha scelto una strada rischiosa: quella della drammatizzazione, ovvero della creazione di scene e dialoghi che comunicano in modo teatralizzato concetti e conoscenze. Il pericolo però è quello di creare delle situazioni di fantasia che i fans più sprovveduti (e, ahimè, sono sempre di più) scambino per vere. Come scoprire che c’è di vero e di ricostruito “a senso”? Grazie alle note che correttamente Zoppo semina a piè di pagina: se c’è la nota, l’episodio è realmente accaduto e le frasi sono state realmente pronunciate, da quella persona, in quella situazione; se non ci sono, è lavoro di fantasia.
Purtroppo, però, data la sempre minore attitudine alla lettura degli italiani, pochi prenderanno come guida questo semplice criterio (peraltro non dichiarato e lasciato implicito da Zoppo: un disclaimer avrebbe giovato): i più si berranno come oro colato situazioni mai esistite e dialoghi mai pronunciati, perlomeno con quelle parole. Così non è accaduta la lunga scena iniziale in una libreria di Rimini nell’estate 1981 (pp. 17-28); il dialogo con Pappalardo riportato a p. 41 un po’ recupera dicerie che vagano nel web, un po’ lavora di fantasia, ma sopratutto si conclude con una battuta di Battisti (quella del minatore), effettivamente pronunciata dal compositore, ma al telefono e ad Antonio Coni, responsabile dell’Ufficio Amministrativo della Numero Uno (c’è chi dice a Franco Daldello, socio fondatore dell’etichetta); tutti i numerosi dialoghi con Grazia Letizia (riportati come se Zoppo fosse stato lì) e le descrizioni della loro vita familiare; il contenuto delle chiacchierate con Peter Gabriel (e il loro contenuto) durante le registrazioni di UNA GIORNATA UGGIOSA e PETER GABRIEL III, avvenute, come testimoniato più volte da Geoff Westley, ma sul cui contenuto si possono solo fare ipotesi.
Altro punto critico del volume di Zoppo sono le fonti: talvolta serissime, credibilissime, come le interviste rilasciate da Battisti (fino al 1979) e Mogol negli anni intorno ad E GIÀ e oltre, quelle a Dario Massari, Gered Mankowitz e Greg Walsh, riprese dai volumi di Ceri e Neri; talora meno, perché provenienti da interviste a personaggi che certamente hanno frequentato Battisti nella vita privata, ma le cui dichiarazioni e i cui libri di ricordi hanno sollevato molte perplessità nella critica, perché prive di riscontri o addirittura in contraddizione con fatti biografici assodati. È vero che Zoppo se ne serve esclusivamente per illuminare i rapporti di Battisti con la famiglia di origine e con la moglie, ma, insomma, il dubbio resta.
Tuttavia, questo libro presenta dei passi pregevoli di per sé e che ne giustificano l’acquisto. Si tratta dei momenti in cui emerge lo Zoppo migliore, quello che abbiamo imparato da tempo ad apprezzare: si tratta della ventina di pagine finali dedicate all’analisi del disco, in cui l’autore campano mette in mostra un acume notevole, che apre prospettive critiche intriganti e notevoli anche quando e proprio perché discordano da quelle di altri critici, come nel caso di Mistero, di cui ipotizza un destinatario diverso da quello comunemente individuato dalla critica (la moglie) con argomenti importanti, da tenere nella massima considerazione. E qui va il mio massimo plauso a Zoppo, di cuore.
In definitiva mi sento di dare la sufficienza e di consigliare l’acquisto del libro, tenendo però presenti i punti deboli sopra segnalati: da leggere avvertiti, insomma, ma da leggere.
Articolo del
12/10/2023 -
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