Nell’anno della reunion (?) dei CCCP o perlomeno della celebrazione del loro quarantennale (data della prima incisione autoprodotta, DEMO 1983), era d’uopo ripubblicare, in versione ampliata (470 pagine), le memorie di Umberto Negri, primo bassista della formazione, uscito dalla band alla vigilia del contratto con la Virgin, nell’autunno del 1985: sarebbe stato sostituito da Ignazio Orlando, il fonico che aveva registrato i dischi usciti con la Attack Punk Records. Negri se ne andò per motivi personali: un crescente disagio a suonare di fronte a folle ormai veramente grandi, la sensazione di marginalizzazione della parte musicale dovuta all’ingresso di Annarella Giudici e Danilo Fatur, e a quello che a suo avviso era uno stravolgimento sia del vero suono della band (già nei primi dischi) sia del progetto originario, con il passaggio alla Virgin, voluto fortemente soprattutto da Ferretti, che tentò vanamente di convincerlo a restare nella formazione; in più, il timore di ritrovarsi senza un futuro musicale nel caso di una carriera solista di Ferretti, sempre più leader incontrastato della band.
L’importanza di Negri nella nascita del progetto è stata offuscata sia dalla luminosa carriera dei CCCP con la Virgin, sia dalla loro trasformazione in CSI (senza Annarella e Fatur) e poi in PGR (senza Zamboni), ma è degna di assoluta considerazione. Così come la lettura di questo suo memoriale, ricchissimo soprattutto di fotografie in bianco e nero che ritraggono la storia dei CCCP fino al 1985, partendo dalla preistoria personale di una famiglia cattolica conservatrice, passando dall’incontro con i giovani di sinistra (che a Reggio Emilia nel 1980 voleva dire PCI e basta), dalla fondazione con Zamboni dei Ryna Zyna, dediti al blues, dal viaggio con alloggio negli squat e dall’incontro con una realtà alternativa organizzata, a quello con il punk e la new wave grazie a Dodo, cugino di Zamboni.
Ecco quindi la formazione dei Frigo, duo con Zamboni e batteria elettronica, band a cui risale la composizione di brani come “Noia” e “CCCP”, con lo stesso tipo di suono che sarebbe stato dell’omonima band. Il viaggio di Zamboni a Berlino produce la conoscenza con Ferretti: i Frigo si dividono e nascono i MitropaNK, quartetto con Ferretti, Zamboni e Zeo Giudici alla batteria (più tale Pietro alla chitarra), che compaiono nel corto “Ahimé” dello psichiatra Valdesalici e del docente universitario Oleari: è in questa fase che vengono scritte “Valium Tavor Serenase”, “Militanz”, “Sexy Soviet (B.B.B.)”. La necessità di avere un bassista spinge i MitropaNK a chiedere a Negri di entrare nel gruppo, nonostante Zamboni fosse restio per motivi mai chiariti. All’estate 1982 data il secondo viaggio a Berlino, stavolta con Negri e per suonare. La reazione entusiasta dei punk berlinesi dà alla band la consapevolezza della propria forza. Sorvolo sulla cronologia (per questo c’è l’ottimo libro di Negri) per notare come saranno proprio i tour all’estero (Germania, Olanda, Spagna) a rafforzare l’autostima della band: “Ci guardavamo in faccia sorpresi e trionfanti.
Avevamo un potenziale sorprendente, la nostra musica funzionava non solo con i nostri amici ma anche con chi non conosceva e non capiva le parole. Ho capito che stavamo facendo una cosa vera, che non eravamo un fenomeno di provincia”. Anzi: “La differenza tra i concerti italiani e tedeschi è che in Germania ballavano tutti, si divertivano come matti, allegri, esprimevano felicità e gioia, mentre in Italia rimanevano tutti impietriti, perché le parole di Ferretti erano di una specie mai ascoltata su un palco. Rimanevano tutti impietriti lì a pensare, non ballava mai nessuno. Era come se la gente stesse lì a valutare quello che facevamo invece di farsi prendere dal flusso”. Altro Leitmotiv del libro: il non essere mai stati parte della scena punk italiana, fin dai tempi delle prove di Fellegara: “Fellegara è diventata un po’ il simbolo del gruppo che stava nascendo. E si stava trasformando in un bel luogo, Ferretti l’aveva arredata con delle pretese estetizzanti. Aveva creato un ambiente raffinato utilizzando materiali poverissimi, vecchi mobili, tub in pvc, drappi, specchi dorati. Era un bel set fotografico, forse più dandy che punk”. Qui Negri coglie la radice fondamentale di quella che sarà l’evoluzione della band, plasmata a sua immagine e somiglianza da Ferretti, il vero intellettuale del gruppo (“leggeva sempre”). Fin da subito i CCCP hanno chiaro che “la nostra musica e i nostri testi erano rivolti soprattutto ai non-punk”.
Tutto culminerà nella rispostona data da Ferretti a Marco Philopat, leader del Centro Sociale Virus di Milano e storica figura dell’anarcopunk italiano: “D’altra parte non siamo Philo-pat, siamo Filo-sovietici”. Altro motivo di interesse: ascolti e fonti della band. Colpisce che tra gli ascolti comuni figurasse poco hardcore punk, quando d’altra parte le derivazioni di alcune canzoni dei CCCP da quelle di band hardcore straniere, a volte al limite del plagio, sono ben evidenti. Negri ne cita qualcuna: “Tube Disaster” dei Flux of Pink Indians (il cui riff è quello di “Spara Jurij”) o“Militurk” dei Fehlfarben (da cui discende “Punk Islam”). Il momento della nascita dell’europeismo dei CCCP è databile al lungo viaggio che Zamboni fece in USA tra 1982 e 1983, da infatuato della controcultura americana, da quella hippie dei Jefferson Airplane a quella punk dei D.O.A. (per la verità canadesi): “È partito filoamericano ed è tornato che non lo era più. Ha visto l’America profonda, quella che poi voterà Reagan e i vari Bush e ha detto: meglio lasciar perdere, l’America vera è un’altra cosa rispetto a quello che pensavo”. Infine due note, una triste e una positiva. Quella triste è la scelta, comune a tante band, di affidare al solo Zamboni l’iscrizione alla SIAE: la separazione tra Negri e la band e il rapporto tra lui e Zamboni che si arrugginisce fino all’acrimonia è costata all’ex bassista la perdita dei diritti d’autore sulle canzoni composte insieme (praticamente tutte), oltre a una sorta di damnatio memoriae circa la sua importanza nella prima fase di esistenza della band. Quella positiva è il senso di entusiasmo, di adrenalina, di consapevolezza di fare qualcosa di nuovo e di importante (da parte mia, considero i CCCP una delle più significative esperienze intellettuali italiane dagli anni 80 ad oggi) che trasuda contagioso da ogni pagina, ogni foto, ogni parola di questo libro. Che è assolutamente da avere.
Articolo del
30/10/2023 -
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