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Tornano ad esibirsi a Roma gli Stiff Little Fingers, una band che è una leggenda vivente del primo punk rock britannico, quello dell’ondata del 1977. Sono originari di Belfast, ma poi si sono trasferiti a Londra dove hanno firmato per la Rough Trade e hanno conosciuto il successo grazie ad un album storico, un disco imperdibile, come Inflammable Material, del 1979.
Molto tempo è passato da allora, il gruppo ha conosciuto una lunga serie di avvicendamenti per poi sciogliersi e riformarsi nei primi Anni Novanta. Il nome della band prende in prestito il titolo di una canzone dei Vibrators, e gli Stiff Little Fingers si sono fatti apprezzare nel tempo per l’energia dei loro live act. Li ritroviamo questa sera in grande forma, guidati dall’innossidabile Jake Burns, chitarra e voce, e da un altro indomito reduce quale Ali McMordie alla chitarra basso e alla voce. Insieme a loro ci sono Ian McCallum alla chitarra solista e Steve Grantley alla batteria, due musicisti che sono entrati nel gruppo a partire dalla metà degli Anni Novanta. Si comincia subito alla grande con Wasted Life, uno dei primi singoli della band, e si prosegue con un brano più recente, quella Strummerville, tratta da Guitar And Drum, una canzone che è un omaggio a Joe Strummer dei Clash, scomparso nel 2002, leader di un gruppo molto vicino alle istanze politiche e sociali degli SLF. Molto belle anche Roots, Radicals, Rockers & Reggae, Hits And Misses e At The Edge, brani che dimostrano la varietà degli stili che convergono nella musicalità del gruppo, da sempre vicino alle istanze reggae, più recentemente capace anche di sterzate verso un pop punk comunque di buona fattura. Splendida Silver Lining mentre si rivela davvero una piacevole sorpresa l’esecuzione di Doesn’t Make It Alright, cover di un vecchio brano degli Specials, altra occasione di incontro, questa volta fra lo ska e il punk primordiale. La carica ribelle degli Stiff Little Fingers li ha portati a supportare la causa di Rock Against Racism, ad unificare, a far convergere musicalmente la rabbia degli outcast e degli oppressi e non è infatti un caso se questa sera notiamo fra il pubblico - accanto a elementi anarco punk antagonisti - alcuni reduci dei movimenti Oi e skinheads. Ma prevale su tutto la voglia di ricordare, di divertirsi, e di “pogare” al suono delle vecchie canzoni. Ecco che arriva Liars Club, una canzone recente, scritta per denunciare il comportamento di George W. Bush e di Tony Blair durante la guerra in Iraq, e poi un nuovo passo all’indietro con una straordinaria esecuzione di Barbed Wire Love, uno dei brani guida della band, lanciato a velocità altissima su un pubblico definitivamente in delirio! Gli Stiff Little Fingers sono un gruppo guitar oriented e destano sempre una forte impressione quegli arpeggi di chitarra elettrica che fanno da intro ai singoli brani per poi dettare la chiave melodica degli stessi. Siamo in dirittura d’arrivo, procediamo di corsa, a velocità folle, verso la fine, e si susseguono brani quali Fly The Flag, Nobody’s Hero e Tin Soldiers, composizioni che mettono in luce l’impronta militaresca, inni e tamburi da esercito rivoluzionario, marchio da sempre degli Stiff Little Fingers. Le grida scellerate di Suspect Device, urlata in coro da tutti i presenti, chiudono la prima parte del concerto.
Esausti, ma di certo soddisfatti dell’accoglienza ricevuta, gli SLF portano a termine la data romana del loro “Breakout Tour” del 2010 con le esecuzioni di una fantastica Johnny Was, con quei tamburi di guerra che incalzano spavaldi sopraffatti poi dall’entrata in scena del suono devastante delle chitarre elettriche, e di Alternative Ulster, brano simbolo della carriera artistica e della storia politica della band: Punk is Not Dead!
(Si ringrazia Chiara Iacobazzi per la foto di Jake Burns in azione all'Init)
Articolo del
13/04/2010 -
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