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Il prodigio si è compiuto. La band più controversa della cultura elettrodance degli Anni Novanta, i Prodigy, sono approdati a Barletta, in provincia di Bari, il 27 aprile, in occasione del tour mondiale Invaders Must Die. Con un esordio da panico (nel vero senso del termine), reso tale dal suono della sirena della polizia del loro brano World On Fire, il trio ha fatto delirare il pubblico sin dall’inizio, annunciando, con questo pezzo, che non si sarebbe prospettata una serata tranquilla.
Riscaldata l’atmosfera, i Prodigy hanno proposto ad un pubblico entusiasta un alternarsi tra pezzi del loro nuovo lavoro e successi del passato. Scatenandosi con la super-track Omen, tratta dal recente album - Invaders Must Die -, i beat elettronici si sono sprecati saturando l’aria di entusiasmo e movimenti scatenati, facendo rivivere i tempi dell’asse elettro-techno-dance Londra/Ibiza che caratterizzò la musica del decennio ’90-‘00. Passando per Thunder e Warrior Dance, si è giunti a Firestarter che con suoni stridenti e potenza da sballo ha esteso un caos incontrollato allucinato e allucinogeno. Dopo Invaders Must Die, Voodoo People e canzoni targate Anni Novanta si è arrivati al clou dell’esibizione: il singolo che scatenò mass media e scandalizzò il mondo nel 1997, Smack My Bitch Up, è tornato a ruggire sul palco rivivendo lo splendore degli esordi grazie alla grinta di Keith Flint, Liam Howlett e Maxim Reality che hanno interagito fortemente con gli spettatori che sono diventati co-protagonisti dello show.
E proprio quando l’entusiasmo del pubblico ha raggiunto lo zenit, la stanchezza ha cominciato a farsi sentire: ed ecco Take Me To The Hospital, Out Of Space e Spitfire che hanno portato tutti ad un livello di pressione arteriosa più sostenibile con beat più moderati e lineari.
Il riproporre canzoni del passato e singoli più recenti ha reso giustizia alla coerenza musicale del gruppo inglese che si è sempre caratterizzato per la fedeltà al proprio stile musicale sul quale è intervenuto solo in potenza (la tecnologia si evolve in meglio). Il concerto non ha tradito tutte la aspettative ma ha lasciato un cenno di amaro in bocca per un’esibizione della band non brillante e pericolosamente trasgressiva come il nome e la carriera potrebbero far supporre. Si voglia per l’ambiente – piuttosto piccolo se confrontato con le strutture di città più grandi –, si voglia per i numerosi cambi di programma che hanno penalizzato non poco l’organizzazione dell’evento – spostato da una sede all’altra più di una volta – il prodigio si è compiuto solo in parte lasciando i fans spaesati come dinanzi ad una discoteca che, vista di giorno, perde parte del suo fascino. Ma una discoteca rimane tale sotto ogni luce: basta saperla vivere nei contesti opportuni, e i live dei Prodigy richiedono delle condizioni imprescindibili che in questa occasione, forse, sono in parte mancate sebbene compensate dal grande entusiasmo del pubblico.
Articolo del
02/05/2010 -
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