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“Il Concertone”, il così familiarmente definito appuntamento musicale del 1° Maggio in Piazza San Giovanni genera come oramai consuetudine, polemiche e critiche come ogni grande evento che si rispetti. Le critiche montano tra gli esclusi, sempre purtroppo numerosi, le detrazioni tra gli scettici ed i populisti (oramai sotto l’unica categoria dei sempre più numerosi berluscones che non possono non essere “di default” contrari a prescindere dai temi trattati). Con così tante forze avverse si potrebbe quasi rischiare di non assistervi più. Se dovesse morire anche questo appuntamento credo non si riuscirà più a vedere una piazza colma di 700.000 mila anime, che per la questura saranno 300.000 mila e per il governo qualche migliaio, che conosce le parole di Bella Ciao. Speriamo che le polemiche continuino ancora a lungo!
Poter criticare è bello: è una soddisfazione che non si deve perdere. In un paese come il nostro poi dove le ingiustizie sono il pane molle che mastichiamo giornalmente, la critica è il forno che lo rende croccante, il confronto è l’olio che lo fa mandare giù e la detrazione il sale che gli dà sapore. Poter dire che ci sono sempre i soliti nomi e che le performance non sono state belle: volete mettere che gusto! Pensate un 1° maggio con ministri e sottosegretari che recitano le filastrocche impostegli dal loro capo e tutti insieme a cantare le canzoni composte da uno chansonnier (bisogna ricorrere al francesismo perché in italiano si dovrebbe dire menestrello ma fa troppo “corte”), con un parterre composto presumibilmente da Enrico Ruggeri, Edoardo Vianello, Luca Barbareschi il tutto presentato da Daniele Piombi. Lì sì che cifre di questura e governo sarebbero azzeccate! Facendo però calare un sipario su questo scenario comico-horror degno del migliore Sam Raimi, possiamo con certezza dire che come sempre è stato un successo di pubblico e di musica con alti e bassi che poi nel panorama musicale italiano fanno le differenze nella carriera di un artista e soprattutto ne decretano il pubblico presente ai suoi concerti. Non a caso le performance migliori sono sempre dei “migliori” e così si sono distinti per compattezza di suono, progettualità musicale e gusto quelli che le idee su come e dove voler andare ce le hanno chiare. Capossela, i Baustelle, Nutini, la Consoli per citare i più acclamati ma anche gli intramontabili Asian Dub Foundation e Tre Allegri Ragazzi Morti. Divertenti gli inserti di Beppe Voltarelli prima con Alfio Antico e poi con Roy Paci. Beautiful anche il progetto di Godano, Maroccolo e Howie B. Interessante perfino la performance snob di Bersani (Samuele) che sembrava uno che di stare su quel palco “non gliene poteva fregà di meno” ma che tutto sommato così tanta gente non l’ha mai fatta in tutta la sua carriera. Pensare che l’immagine più bella di questa giornata è il primo piano su Paolo Nutini che appena finito il movimento rotatorio della pedana che dal retro-palco lo porta all’esposizione completa del pubblico tira un sospiro con lo sguardo di chi dice “porca puttana quanti sono!?!”... e parliamo di uno che apre i concerti dei Rolling Stones.
Ma il vero “re” è stato proprio Enzo Del Re portato sul palco da Capossela durante il suo set. Vecchietto barese noto a pochi cultori, pur essendo uno dei cantori che insieme a Matteo Salvatore, i Cantori di Carpino, Uccio Aloisi, Andrea Sacco ha reso le terre di Puglia piene di storia e ritmo. Famoso per suonare la “sedia elettrica” (come qui al Concertone) e per il suo pensiero caustico e diretto, nonché per le sue stravaganze. Si è proposto, impassibile davanti ad una folla (mai vista in vita sua) come se fossero in dieci, con il suo cavallo di battaglia Lavorare con lentezza, che ha conquistato immediatamente tutti con la genuina semplicità di un’anima mai corrotta dalla modernità. “La fatica è quella forza che si oppone alla voglia di lavorare”, “il lavoro è faticoso perché mal distribuito” e così Enzo De Re da Mola Di Bari è riuscito a sintetizzare un pensiero che ai sindacalisti di professione sfugge da molto tempo. Folla in delirio!!!
A sera inoltrata poi, verso la fine, è successo qualcosa per cui chi stava a casa ha avuto la sensazione che la tv si fosse sintonizzata da sola su qualche emittenza locale. Quelle tv private, strettamente locali, che per mancanza di fondi e di idee propongono televendite o assurdi programmi, tesi a scimmiottare quelli delle reti ammiraglie, dove ad esibirsi sono strani individui usciti da chissà dove che cercano anch’essi di scimmiottare e di riassumere in sé quello che vedono negli altri prendendo un po’ dalla tradizione popolare un po’ dal pop un po’ dal rock... La serata è finita e sotto al palco restano solo gli sfiniti irriducibili del bagordo ad oltranza che berrebbero anche l’aceto purché vagamente alcolico.
Articolo del
06/05/2010 -
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