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Una chiara sensazione di ricerca di armonie semplici e perfette, che rispecchino la profondità del suo Io, accompagna per tutta la serata l’esibizione di Lou Rhodes, giovane donna inglese, musicista ed interprete, originaria di Manchester, ma ora residente nello Wiltshire. Forse molti la ricorderanno per aver fatto parte dei Lamb, gruppo di elettronica e di trip-hop, con il quale ancora collabora. A partire dal 2006 però Lou ha iniziato un progetto solista parallelo all’attività della band e che finora l’ha portata alla pubblicazione di tre album: Beloved One, Bloom e One Good Thing, il disco appena uscito che Lou ci presenta dal vivo qui questa sera, al Teatro Studio dell’Auditorium di Roma.
Il pubblico non è numeroso, ma di certo è molto interessato. Le luci basse e la sala, piccola ma accogliente, contribuiscono a creare subito quella atmosfera intima che proprio Lou Rhodes andava cercando. Accompagnata da due musicisti di rara bravura, uno al violoncello, l’altro al contrabbasso, la Rhodes si sistema al centro del palco e dalla sua chitarra ricava note delicate e dolenti, che a volte accompagnano il suo canto, altre volte invece restano sospese nell’aria, quasi a voler dialogare con i contrappunti acustici della sezione d’archi. Il concerto è l’esatta proposizione, anche in ordine di esecuzione, dei brani che compongono One Good Thing, un album bellissimo, non lontano dalla musicalità del folk acustico di un disco come Five Leaves Left del compianto Nick Drake. La direzione intrapresa oggi da Lou Rhodes è decisamente diversa dal progetto Lamb, l’elettronica sembra lontana anni luce, ma non per questo si attenua la ricerca di un impianto stilistico sofisticato e pregevole. Non è una semplice rivisitazione del folk delle origini, le ballate acustiche di Lou Rhodes godono di arrangiamenti tali da renderle vicine alla musica da camera o anche a temi di musica contemporanea. Lei è bellissima, delicata ed eterea, con un sorriso così disarmante che porta ad una resa immediata. Ma c’è anche tanta sofferenza nelle sue canzoni, che parlano di solitudine, come su Janey, o di amori spezzati, come la bellissima The Rain, tutti brani che contengono in dosi massicce quegli elementi autobiografici mai disattesi dalla sua scrittura.
Lou Rhodes vive nella campagna inglese e divide il suo tempo fra i suoi due bambini e le sue canzoni. Si dichiara prigioniera e forse anche vittima della sua stessa voglia di amare, che non le permette mai di costruire legami solidi e definitivi, ma al tempo stesso vede le cose della vita, nel suo continuo fluire, in maniera positiva, come canta There For The Taking, Each Moment New, Magic Day e One Good Thing. Solo nel finale torna un momento di tristezza, quando esegue Sister Moon, dedicata alla sorella , morta suicida appena tre anni fa. Ma la tragedia viene cantata con compostezza, e tanta classe, espressione di un dolore profondo che non va a confondersi con le grida.
SETLIST: There For the Taking Janey It All Tremble One Good Thing Each Moment New Magic Day Circles Bloom The Ocean The More I Run The Rain Why Wait For Heaven
ENCORE:
Boy From The North Baby Gabriel Sister Moon
Articolo del
17/05/2010 -
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