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John McLaughlin non ha di certo bisogno di presentazioni, se di leggenda vivente si può parlare questo è proprio uno dei (rari) casi in cui questa formula dev’essere applicata. A meno di due anni dalla sua precedente visita all’Auditorium, in compagnia di Chick Corea e Vinnie Colaiuta, il signore della chitarra rock-fusion si ripresenta con un quartetto da urlo. I 4th Dimension sono un combo rodato di musicisti dinamici, veloci e dal tocco vellutato quando serve. Il tutto si svolge nella “solita” sala Santa Cecilia, testimone auditivo di moltissimi grandi geni del jazz e non solo.
Pochi minuti dopo le ventuno, nella palpabile eccitazione dei presenti, il concerto ha inizio. John entra per primo con un largo sorriso imbracciando la sua chitarra che innalza nella nostra direzione come fosse uno scettro, e di fatto lo è. I suoi settant'anni, se non fosse per le rughe e il bianco dei capelli, non si vedrebbero assolutamente. Figura snella, pantalone nero e una giacca che sembra di tre misure più grandi sono il suo abito. Gary Husband, tastiere e batteria, appare con camicia bianca e sobrio gilet nero. Etienne Mbappé ha un basso a cinque corde, fosforescenti, guanti neri e una camicia grigia indescrivibile. Mark Mondesir, batteria, è in semplice e comoda canotta rossa. I brani scelti per la serata sono lunghe esecuzioni prese sia dall’ultimo lavoro To The One che dal passato risalenti addirittura a quarant’anni prima, e precisamente al 1968. La profonda concentrazione, e il feeling fra i quattro, non permette errori, 4th Dimension è un ingranaggio oliato, procede spedito e senza il minimo attrito che provochi rumore indesiderato. È un concerto elegante, per orecchie attente e tese a cogliere ogni minima sfumatura fra le policromatiche note sparate a velocità impressionanti. Fra un solo e l’altro John passa il testimone ai suoi compagni per bere da una bottiglietta anonima la quale, presumo, contenga idrogeno e un estratto di dna di Flash. Subito dopo infatti le sue dita percorrono la tastiera tanto velocemente, e con una precisione chirurgica, che sono quasi convinto di vedere scintille provocate dallo sfregamento con il metallo. Il furioso Gary schizza da una tastiera all’altra producendo suoni gestiti dal suo Mac collegato ad un synth acido e sinistro. I suoi solo sono fulminanti, John lo segue e, con cenni della mano, impartisce le coordinate degli scontri fra i suoi musicisti. The Fine Line vede il primo duello a doppia batteria, classe ed eleganza (Mark) contro potenza e forza (Gary), uno spettacolo pirotecnico che dura più di dieci minuti. L’indiavolata Sorry merita da sola il costo del biglietto, emette una luce accecante, velocissimi scontri chitarra/basso, la batteria cavalca ritmi terziari da perderci il fiato. New Blues Old Bruise smorza (si fa per dire) i toni lasciando che i musicisti si ritaglino spazi in cui esprimere al massimo i loro virtuosismi. Ci sono poche occasioni in cui si può veramente ammirare tanta tecnica in un musicista senza cadere nell’autocelebrazione tronfia e fine a sé stessa. È un puro piacere per occhi e cuore ascoltare questi signori. Ma è quando la band procede insieme che sembra un carroarmato inarrestabile. La rivelazione assoluta di stasera è il portentoso batterista, dotato di un tocco rivestito di velluto ma dall’effetto dirompente. Mark gioca con controtempi, ritmi sghembi, sedicesimi e trentaduesimi come se piovesse che s’incastrano fra le abili dita del bassista, altra macchina infernale capace di star dietro a quei ritmi indiavolati senza il minimo sforzo.
Il concerto termina su una lunghissima suite che vede i due batteristi contrapposti in fuoco incrociato, il bersaglio sono i due rimanenti membri del gruppo impegnati a fare da collante. L’encore è un brano di Pharoah Sanders, una ballata delicata e sognante, suonata come se la mano sinistra di MacLaughlin fosse guidata da un Carlos Santana d’annata. John è uno che invecchia abbastanza bene - questo è sicuro - ma siamo proprio sicuri che il contenuto di quella bottiglia non centri proprio nulla? Misteri dell’acqua...
(La foto di McLaughlin in concerto a Roma è di Riccardo Musacchio & Flavio Ianniello)
Articolo del
25/05/2010 -
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