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Nei primi anni '90 dello scorso secolo i più avvertiti cercatori di nuovi suoni elettronici della scena romana si davano di gomito, scambiandosi cassette e cd “della nuova scuola di Vienna”, quella “del circolo viennese di fine millennio”, che gravitava intorno a K&D, Peter Kruder und Richard Dorfmeister e alla neonata G-Stone records. Era il guizzo immaginativo postmoderno di sperimentatori musicali che detournavano linguisticamente la ben più nota e prolifica formula della “seconda scuola di Vienna” (l'inizio del Novecento musicale con Arnold Schönberg e quindi Webern e Berg), insieme con il “circolo di Vienna” (solo qualche anno dopo, intellettuali di diversi campi scientifici riuniti intorno a Schlick, Carnap e Neurath, tra gli altri e sotto l'influsso delle letture di Ludwig Wittgenstein, verso la “svolta linguistica”: non a caso!), per descrivere con fare sornione la ricchezza creativa di una città che stava diventando la capitale della club culture e dell'elettronica, sghemba, fumosa e creativa di fine millennio.
Oltre un quindicennio dopo eccoci a una serata finalmente primaverile al Circolo degli Artisti di Roma per festeggiare la città di Wien, in un felice e non metaforico incontro tra la prima e la terza scuola musicale viennese, saltando la seconda: nel giardino un duo di violoncelliste nero vestite accompagna il tintinnio dei cubetti di ghiaccio dei cocktail con arie da Haydn, Mozart, Beethoven; all'interno del club intorno a mezzanotte parte il live set del dj, producer, remixer viennese Peter Kruder.
È sempre invidiabile la presenza fisica di Peter Kruder, eterno ragazzino, che mantiene intatto il fare divertito e sorridente che traspariva già da quella prima, oramai epica, copertina del DJ-Kicks di K&D (!K7, 1993, ci pare), in cui i due viennesi si presentavano à la Simon & Garfunkel. E anche le sonorità che manda nel corso del set sembrano ripartire dalle intuizioni di metà anni '90, facendo tesoro poi di una dimensione più techno e house rispetto alle session da studio. Così si insiste sicuramente sul versante global tra ritmi funky, africani e beat brasileiro-caraibici da drum'n'bossa, che hanno sempre contraddistinto le performance live di K&D e la loro naturale propensione downtempo, alternandoli con passaggi più acidi e molte stoccate con la cassa sin troppo dritta e martellante, rispetto alla tradizione spezzata e storta del duo e soprattutto del geniale capolavoro di Kruder in versione Peace Orchestra (G-Stone, 1999), omaggio a una sognante atmosfera sinfonico-elettronica, piena di bassi cavernosi, echi jazzy e di un tappetto multilivello di drums.
Nel set di stasera sembra invece trasparire una tensione con molti più beat e svariati crescendo da fomento, che infiammano il dance floor, fino a mettere sui piatti il pezzo all'origine di tutta la scena elettronica dell'ultimo ventennio: una versione riempita di ultrabeat digitali (il nostro accompagna i due piatti con il solito Mac, mixer ed effetti) di Unfinished Sympathy di Massive Attack (nella versione di Paul Oakenfold), singolo fenomenale di quella pietra miliare che è Blue Lines (1991). Ed è il delirio per un pubblico di ballerine/i che comprende gli oramai quarantenni aficionados con la nuovissime, ancora teenagers, leve da intelligent dance music. Forse in questo omaggio c'è tutta la volontà di fare i conti con la cultura elettronica dell'ultimo ventennio, che dalla Bristol del trip hop, passando per jungle e drum'n'bass, ci porterà ai prossimi, imminenti, set estivi, in cui la coppia K&D porterà in giro per il mondo The Anniversary Session, a cominciare dal prossimo 13 luglio in quel di Villa Ada a Roma. Per spingere la notte ancora un po' più in là.
Articolo del
01/06/2010 -
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