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Erano in molti ieri sera, nonostante la serata inizialmente piovosa e le partite serali del mondiale che saranno il leitmotiv per il prossimo mese, ad essere rimasti senza biglietto per il concerto sold out dei Temper Trap al Circolo degli Artisti a Roma. Peccato, perché il gruppo australiano, formatosi nel 2005 ma arrivato al successo molto più recentemente nel 2009, merita attenzione. Intendiamoci, avendo alle spalle finora un solo album pubblicato –Condition- è troppo presto per poterli giudicare. E anche il concerto di ieri sera non poteva essere che la fedele riproposizione dei soli brani (10 in tutto) che compongono il loro album. E’ altrettanto vero, però, che in quell’ora abbondante di esibizione, nonostante un caldo soffocante e la sala del Circolo strapiena da sentirsi male, la band ha mostrato di saper instaurare un buon feeling con il proprio pubblico. Non sono fenomeni, nessun elemento del gruppo sembra eccellere nel suo strumento, ma hanno una buona sintonia e riescono a proporre una musica semplice ma molto piacevole, un rock coinvolgente contaminato da influssi indie, pop e rock elettronico.
Cosi, sul palco del Circolo, tra fumi scenici e calore asfissiante, la band attacca con un pezzo tutto musicale, rock duro e puro, bello, intenso; per proseguire poi con i brani del loro unico album. Parte Rest, poi, dopo il doveroso saluto a Roma del cantante Mandagi, propongono Fader, poi Fools, quindi la coinvolgente Down River, che ci porta con un po’ di immaginazione a quegli sconfinati paesaggi australiani, che vorremmo attraversare in macchina stile “Thelma e Louise” con quella musica di sottofondo che magari ci accompagna ad Ayers Rock... Poi Love Lost, la bellissima Soldier On, ancora Sweet Disposition, brano di maggior successo in Italia e presente nella colonna sonora del fim 500 giorni insieme. Si prosegue senza sosta con Resurrection, si chiude con Drum Song, prima dell’inevitabile bis, in cui propongono un inedito lento, con chitarra classica e voce, e la chiosa con la canzone più attesa, quella Science Of Fear che quasi tutto il pubblico presente sembra considerare la loro canzone migliore. Loro lo sanno, e non a caso ci chiudono il concerto lasciando tutti contenti.
Bel concerto, dunque, e buon gruppo, che se sarà in grado di proseguire su un percorso di contaminazioni musicali variegate, che dovrebbero portare anche alla ricerca di una maggiore espressività e spessore, sarà, ne siamo certi, in grado di conquistare platee importanti. Per ora le premesse, sia come riscontro di pubblico nei loro concerti, sia come riscontro del mercato per l’album Condition, sia soprattutto per il grande numero dei passaggi radiofonici che stanno ottenendo in tutta Europa, ci sono tutte. Stasera si replica all’Alcatraz di Milano, Sala Piccola.
Articolo del
16/06/2010 -
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