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Non più una promessa ma ormai una solida realtà del nostro “panorama cantautoriale” (come usava dire nell’antichità), Dario Brunori ha approcciato la recente data romana con il fare sornione di chi sa di avere già vinto in partenza. E’ stata eccezionale infatti, la stagione 2009/2010 del trentenne cosentino Brunori e della sua “società in accomandita semplice”, in cui si è regalato, nell’ordine: a) un album (Vol.1) che ha convinto subito tutti per la bontà delle liriche e l’immediatezza dei temi sonori; b) una vagonata di concerti per ogni dove su e giù per la Penisola, dapprima per un pubblico sparuto ma poi, man mano, sempre e invariabilmente in odore di sold-out; c) e poi, dulcis in fundo, la consacrazione del Premio Ciampi conferito a Vol.1 quale esordio dell’anno. Vincita, va sottolineato, strameritata, perché se l’idea alla base delle canzoni dei Brunori Sas è il cosiddetto uovo di Colombo (un incrocio tra Rino Gaetano e i Belle & Sebastian: forse qualcuno ci aveva già pensato prima ma a nessuno era riuscito in maniera così convincente), poi in realtà Dario Brunori ha influenze variegate (Sufjan Stevens, per dirne una) e inoltre è anche un figlio – musicalmente – degli Anni Novanta, e una certa dinamica quietLOUDquiet pare averla assorbita pienamente, pur nell’assetto ultra-tradizionale della sua band.
E così, la pigiata platea del Circolo ha tributato a Brunori e ad i suoi soci cosiddetti accomandanti il prevedibile trionfo. Italian dandy, Come stai e Guardia ‘82 sono ormai dei veri inni generazionali, gorgheggiati a memoria strofa per strofa non solo dal popolo dei fuorisede ma anche dai romani d.o.c.. Sì, perché non c’è bisogno di essere calabresi o di essere nati alla fine degli anni Settanta per apprezzare l’estetica da cameretta e (perché no?) nannimorettiana – di Brunori, il cantautore / poeta che celebra la nostalgia dell’infanzia in spiaggia e che cita il commissario tecnico Enzo Bearzot (ci fosse lui adesso...!), i furti all’Esselunga, le oscillazioni dell’Euribor (!) e perfino l’indimenticato Super Santos. Brunori è auto-canzonatorio, è sincero, è post-moderno, e chi più ne ha più ne metta. E il bello è che i nuovi pezzi presentati stasera che faranno parte dell’atteso Vol.2 sembrano un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione poetico-musicale del Brunori. In particolare ascoltatevi (quando uscirà) Con lo spray, che si candida fin d’ora a diventare una delle migliori canzoni italiane del 2010 (o ’11, se i tempi di incisione e pubblicazione si riveleranno più dilatati del previsto). Due, come di consueto, le cover: Diablo dei Litfiba, dazio da pagare (suppongo) ai formativi anni Novanta, e Stella d’argento di quel Gino Santercole che nei ’60 bazzicava il Clan di Celentano. Ma a parte la solita questione della nostalgia, nessuna delle due appare avere molto senso a livello di Brunori-pensiero, e sono pronto a scommettere che già fin dal prossimo autunno saranno espunte dalla scaletta in favore dei nuovi brani di Vol.2.
Al termine del fragoroso bis da tre brani, tra gli spettatori che si assiepano verso l’uscita non ce n’è uno che non abbia un sorrisetto beato stampato sulla bocca. Dario Brunori invece è già nel camerino, e festeggia, e se la ride da sotto i baffi. Da queste parti, ad ogni modo, tornerà presto: il 18 luglio, nel giardino del Circolo, per una session acustica insieme a Dente, collega cantautore ormai anch'egli pienamente emerso. Appuntamento al calar del sole e prezzo up to you. Io ve l'ho detto...
Articolo del
21/06/2010 -
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