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Sono passati sei mesi esatti dalla folgorante esibizione romana all’Auditorium Parco della Musica e l’aspettativa di vedere Devendra Banhart in uno spazio con meno restrizioni strutturali come quello di Villa Ada è alta. Nonostante nubi minacciose avessero fatto capolino sulla collinetta del parco, l’affluenza è quella delle grandi occasioni.
Apre il concerto Estasy che si presenta al pubblico indossando una maschera al volto e ci tiene ipnotizzati per circa mezz'ora nel suo mondo immaginario composto da streghe, folletti, loop elettronici e cassette a nastro. Ed è come se i Throbbing Gristle fossero, improvvisamente, proiettati in una dimensione fantasy. L’effetto live è talmente potente che sotto il palco ci si chiede chi fosse e quale identità avesse (se italiano o straniero, se uomo o donna). Un vero mistero che spero sia, per l’artista, l'inizio di una favola.
Devendra Banhart, il giramondo dal cuore nobile scoperto da Michael Gira, farà il suo ingresso sul palco subito dopo. Come di consueto, l’artista è accompagnato da una ottima band composta da Noah Georgeson (produttore degli ultimi due album di Devendra) alla chitarra e cori, Greg Rogove alla batteria, Luckey Remington al basso e voce e Rodrigo Amarante alla chitarra e cori. Tutti i musicisti coinvolti hanno preso parte all’arrangiamento dei brani dell’ultimo disco What Will We Be pubblicato nel 2009. Il suo look stavolta è più sobrio, forse anche troppo normale, rispetto a quello da hippie giramondo e rubacuori con cui siamo abituati ad identificarlo: il suo nuovo taglio di capelli, il fisico esile e slanciato e la timbrica della sua voce lo portano più vicino a New York che a Frisco tanto che, durante l’esecuzione di Baby, sembra davvero di rivedere il Lou Reed dei primi anni Settanta. Il gipsy di Houston in un paio d’ore ci propone un mix di vari generi musicali che vanno dal folk, suo biglietto da visita, al soul; dal calypso al reggae fino alle sonorità hard rock di fine anni Sessanta. Il concerto comincia con le atmosfere solari di Long Haired Child, Baby e Shabop Shalom per poi lasciare spazio ad un nutrito set acustico composto da ben sette brani come A Sight To Behold, Little Yellow Spider, How’s About Telling A Story, I Remember e First Song For B (con Devendra, stavolta, seduto al piano Rhodes). C’è addirittura una provocazione pop fine anni Ottanta, stile Lloret de Mar mordi e fuggi, con l’esecuzione della cover di Tell It To My Heart di Taylor Dayne.
Rispetto al concerto dell’Auditorium, Devendra Banhart sembra un po’ stanco. Il concerto ne risente e, per tutta la prima parte, stenta a decollare. Il calore del pubblico romano, però, dà una mano all’artista e la serata entra, così, nel vivo nella sua parte finale durante l’esecuzione di alcuni dei suoi standard come Lover e Carmencita, nella folgorante cavalcata hard rock di Rats e nella conclusiva I Feel Like A Child con Devendra che canta e si dimena a torso nudo per la gioia delle sue numerosissime fans.
SETLIST:
1. Long Haired Child 2. Baby 3. Shabop Shalom 4. Bad Girl 5. The Body Breaks 6. Little Yellow Spider 7. A Sight To Behold 8. I Remember 9. Last Song For B 10. The Charles C Leary 11. How’s About Telling A Story 12. Seahorse 13. Take Some Time 14. 16th & Valencia Roxy Music 15. Tell It To My Heart (Taylor Dayne) 16. Foolin' 17. Lover 18. Diamond Eyes 19. Carmencita 20. Rats
BIS:
21. I Feel Like A Child
(La foto di Devendra nel backstage di Villa Ada è di Cristina Montagnaro)
Articolo del
22/06/2010 -
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