(foto di Riccardo Rossi)
La serata inizia alla grande con una deliziosa “intro” riservata alla ONJGT (Orchestra Nazionale Jazz Giovani Talenti) che presenta un nuovo progetto supportato dalla Fondazione Musica per Roma e intitolato “Synthesis”.
La giovane orchestra è diretta da Paolo Damiani, architetto e compositore, un nome davvero importante all’interno del panorama attuale del jazz italiano. A lui il compito di coordinare e di valorizzare un gruppo di giovani artisti solisti composto da Camilla Battaglia, alla voce, da Anais Drago, al violino, da Federica Michisanti, al contrabbasso, da Francesca Remigi, alla batteria, da Giacomo Zanus, alla chitarra, da Francesco Fratini, alla tromba e naturalmente dallo stesso Paolo Damiani. al violoncello. Il repertorio è fatto di composizioni realizzate dai singoli componenti, con temi e melodie di forte impatto e che spaziano dal “free jazz” alla scuola di Canterbury dei primi anni Settanta, dal “progressive rock” alla musica contemporanea. Un gran bel sentire esaltato dalle espressioni di gioia che si leggono sul volo dei giovani musicisti che rispondono con grande efficacia alle sollecitazioni del loro Maestro.
Il tempo per un cambio palco ed ecco comparire sulla scena l’atteso duo composto da John Surman, al clarinetto basso e al sassofono, e da Vigleik Storas, al pianoforte. John Surman è originario del Devonshire ed è attivo sulla scena jazz inglese dai primi anni Settanta. Ha pubblicato dischi straordinari come “Private City” e “Amazing Adventures Of Simon Simon” e ha collaborato con tanti musicisti importanti come Miroslav Vitous, Jacj De Johnette, Paul Bley e John Abercrombie e John McLaughlin. Vigleik Storas invece è un pianista norvegese che ha iniziato a collaborare con Surman nel 1995 quando un loro album come Nordic Quartet (insieme a Terje Rypdal e a Karin Krog) venne inciso dalla ECM. L’intesa sul palco fra i due musicisti è perfetta: Surman ha quasi 80 anni d’età, ma è lucido e pieno di voglia di fare come un ragazzino. La prima “session” lo vede impegnato al clarinetto basso poi - durante la seconda parte del concerto - passa al sassofono.
John e Vigleik scherzano amabilmente sulle complicazioni del loro viaggio che dalla Norvegia (dove vivono entrambi) li ha portati a Roma. Stavano per cancellare lo show, ma adesso sono ben contenti di non averlo fatto. Non fanno altro che ringraziare il pubblico e lo splendido posto che li ospita prima di ricominciare a suonare. Molto bella l’esecuzione di “Druid’s Circle”, una composizione che dimostra una volta di più come l’approccio al jazz da parte di Surman vada oltre gli standard e non abbia schemi precostituiti. In questo caso il “free jazz” incontra la musica folk della tradizione inglese e il risultato è squisito. “Invisible Friend” poi è un pezzo dedicato alla musica, intesa come una “forza guaritrice” che libera tutti e li guarisce da qualsiasi stortura. Un bel messaggio questo, da parte di un’artista tanto bravo quanto discreto.
Una persona riservata e gentile, un musicista che trova completamento in quello che suona , che non cerca riconoscimenti , ma che si ritiene soddisfatto solo quando riesce a condividere le sue composizioni con il suo pubblico, ovunque si trovi.
Articolo del
06/07/2023 -
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