(foto di Beatrice Ciuca)
Mentre aspettiamo, il palco vuoto dell’Alcazar ricorda quello di uno spettacolo folk nell'America degli anni '70. Il legno vissuto, le luci calde e l'aria intrisa di nostalgia fanno immaginare l’imminente arrivo di una giovane Dolly Parton con i suoi capelli perfettamente cotonati e gli abiti eccentrici. Lo stage, tuttavia, nonostante la sua allure vintage, è destinato a ospitare una figura diversa dalla Parton in termini di stile musicale ed estetica, ma simile in termini di ciò che si può definire, semplicisticamente, musica statunitense di qualità. Katherine Elizabeth King, conosciuta da tutti come Kaki King sta per esibirsi davanti al pubblico romano, un’audience molto affezionata, in un tour in cui «non cerca di vendere nulla», come lei stessa afferma ironicamente. Non ci sono nuovi album, raccolte o collaborazioni da presentare, solo il suo patrimonio artistico dagli esordi ai giorni del Covid.
La sua creatura, la Adamas 1581-KK adagiata sul palco, sembra attendere con orgoglio l'inizio di una serata avvolta nel gioco dell'esplorazione. Come una vecchia amica che custodisce mille segreti, la chitarra sul supporto da terra ci fa intendere l’inizio di un viaggio di scoperta che ci permetterà di conoscere e ri-conoscere l'artista, ma anche noi stessi. La sala, inizialmente semivuota, pian pianino si riempie e Kaki King sgattaiola sul palco per cominciare il suo one-woman show italiano.
Dal suo primo album Everybody loves you ci offre molte canzoni, tuffandosi, tra una pausa e l’altra, nell’anima che si fa un tutt'uno con lo strumento. Sì, sono già passati 20 anni dall’inizio del suo percorso, ma lei scherza dicendo di essere «ancora una bambina». In questi due decenni ha costruito una carriera straordinaria, conquistando il titolo autoironico di “miglior chitarrista di bassa statura”. Dal primo disco ci propone anche Fortuna e Happy as a dead pig in the sunshine, quest’ultimo un brano dedicato alle sue radici con un titolo enigmatico tratto da una frase della nonna, non molto chiara neanche alla nipote stessa. D’altronde chi non ha sperimentato difficoltà comunicative con i propri nonni…
Un grande momento è giunto prima del previsto (la immaginavamo come finale) Playing with pink noise, il brano che ha catapultato l'artista nell'olimpo della fama internazionale. Questo pezzo ha percorso molte strade, facendosi notare in molteplici spettacoli televisivi e anche nel celebre show di David Letterman. Sempre sorprendente notare come Kaki sia tuttora incredula che tale brano “così basilare” abbia avuto un così ampio successo; ci spiega e ci insegna a suonarlo mostrandoci la facilità di esecuzione. Unica difficoltà: si suona velocemente (hai detto niente!). In un déjà vu ho ricordato un tutorial dello stesso pezzo pubblicato circa sette anni fa sul canale Youtube dell'artista, facente parte di una serie di video intitolati Guitars and Things. Se ve lo siete perso, potete trovarlo alla fine dell’articolo.
Se Playing with pink noise non ha segnato la conclusione, quale sorpresa ha riservato la serata? Night after sidewalk, un gioiello sonoro di una disarmante dolcezza, anche questo appartenente al suo esordio. Dal suo racconto, questa canzone è nata in una sola notte ed è ancora oggi tra le più scaricate e "utilizzate" da molte persone. Ha menzionato anche il fatto che un medico che si occupa di esportazione degli organi la ascolta regolarmente durante il lavoro. Una storia singolare che sottolinea come la semplicità della musica possa diffondersi ed essere d'aiuto in modi straordinariamente diversi.
Abbiamo concluso la serata con l'emozione ancora nel cuore e la promessa di un ritorno imminente. Ci siamo chiesti: ci sarà un nuovo lavoro in arrivo? Cosa riserverà il futuro per l’artista? Solo il tempo potrà svelare i prossimi episodi della sua straordinaria carriera, ma abbiamo la certezza che qualsiasi cosa accadrà, di certo, come sempre, lascerà il segno.
Articolo del
20/11/2023 -
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