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Definire innovativo e particolare un gruppo che pesca a piene mani dalla musica di cinquanta ed anche sessanta anni fa suona un po’ come un controsenso. Però Kitty, Daisy & Lewis, tre fratelli inglesi vicini o appena arrivati ai vent’anni, pur non inventando nulla di nuovo, ma solo riproponendo sonorità, ritmi blues, swing e rockabilly essenzialmente 50s, sono riusciti a creare un’atmosfera davvero unica e divertente, molto diversa da quella dei concerti “normali”. Questo grazie a due cose: le indubbie doti musicali e la (non) presenza scenica.
Mi spiego. I tre ragazzini suonano molto bene. E soprattutto passano con grande disinvoltura da uno strumento all’altro, alternandosi alla batteria, alle chitarre ed al piano, e arricchendo molti dei pezzi con armonica a bocca (i cui lunghi assoli, da parte di Kitty, regalano forse i momenti in assoluto migliori della serata), banjo, xilofono, fisarmonica, percussioni, trombone, ukulele e lapsteel guitar. Creando in questo modo, pur nella generale similitudine di toni fra le varie canzoni, una notevole varietà di soli ed arrangiamenti, impreziosita anche dall’alternanza di tutti e tre alla voce principale. Tutto ciò accompagnati sul palco dalla madre (al contrabbasso), dal padre (alla seconda chitarra) e, per un paio di tracce, dalla tromba di Eddy “tan tan” Thornton.
Ed è proprio la situazione quasi surreale, di tre ragazzi sul palco ed in tour insieme ai genitori a rendere il tutto davvero unico. Nessun eccesso o atteggiamento arrogante, nessuna frase fuori posto, da bere rigorosamente solo acqua naturale e dialoghi a bassa voce come se fossero in camera loro e non su un palco. Il padre poi ha tutto tranne che l’aria della rockstar, seduto nascosto dietro tutti gli altri, e sembra uscito da qualche film tipo “Sognando Beckham” con i suoi tratti un po’ indiani. Mentre la madre è gasatissima a suonare a piedi scalzi ballando un po’ qua e là. Il risultato è un concerto assolutamente divertente, raffinato nelle sonorità, ma allo stesso tempo di grande spontaneità ed energia. Non l’energia delle distorsioni o delle batterie martellanti. Ma l’energia della musica alle origini del rock. Da “Mean Son Of A Gun” a “Going Up The Country”, da “(Baby) Hold Me Tight” alla conclusiva “Buona sera”.
Evidentemente per stupire ed essere originali oggi ci sono due possibilità: vedere più avanti degli altri oppure tornare più indietro di tutti gli altri.
Articolo del
22/04/2009 -
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