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L’occasione per la mia prima volta al Locomotiv è una di quelle che il sottoscritto ritiene non si possano perdere. In cartello ci sono i texani This Will Destroy You e una serata all’insegna del Post-Rock di qualità non me la sento di perderla. Inoltre posso dire di essere un vero seguace del quartetto statunitense sin dai tempi della pubblicazione dell’Ep d’esordio Young Mountain.
Saperli in Italia mi ha messo di buon umore e mi sono preparato per il concerto nel migliore dei modi, accettando di buon grado il fatto che per quanto mi riguarda Bologna non è appena fuori di casa. Dal 2006 a oggi i TWDY hanno all’attivo il già citato splendido Ep, un album omonimo del 2008 e uno split in “comproprietà” con i Lymbyc Systym giusto quest’anno. Il set bolognese ha proposto circa sette pezzi, se non vado errato, componendosi quasi nella totalità degli estratti da Young Mountain più un qualcosa dall’Lp. Bello il Locomotiv e ottimo il settaggio del palco. Poca scenografia, solo un telo a fare da sfondo per far risaltare i colori in contrasto con lo skyline della band, più un saggio uso delle luci, per una volta non a caso, ma molto efficaci e d’atmosfera. E atmosfera è la parola chiave per gruppi come questo, fondato sulla generazione di immagini attraverso il suono. Pezzi come Quiet o The World Is Our (meraviglioso, forse il migliore di sempre della band, anche dal vivo), fanno fare viaggi stando con i piedi ben piantati per terra. Il set mi soddisfa in parte: sono contento perché i brani proposti sono di grande qualità, ma ho qualche dubbio sulla resa sonora. Il Locomotiv se la cava molto bene come acustica, niente da dire, promosso. I miei dubbi nascono sul palco. A parte il fatto che non parte una parola, un saluto… nemmeno un insulto da nessuno dei quattro, cosa che ci può anche stare, faccio fatica a capire il perché di una strumentazione così scarna. Solo gli strumenti base (due chitarre, basso e batteria), qualche misero pedale e niente di più. Mi aspettavo sinceramente di più, qualche effetto più curato, qualcosa in grado di rendere giustizia al suono così bello e stratificato che tanto mi ha affascinato sul disco. Invece la realtà live è molto più povera. Forte e potente, senza dubbio, ma meno interessante di come me l’ero immaginata. E l’immedesimazione ne risente. Come al cinema, quando la storia è buona ma i personaggi impediscono di entrarci perché costruiti male. Forse è una sensazione mia, ma l’ho sentita molto forte. Questo discorso va limitato ai momenti più riflessivi, quelli in cui il suono si fa più pulito e nitido. Nei momenti di esagerazione elettrica i quattro non lesinano sull’energia, tirando fuori una carica impressionante in grado di travolgere sia i vicini che i lontani. Furia che si abbatte sugli strumenti, letteralmente “picchiati” e portati al limite. La forza dei TWDY è proprio questa: saper far crescere il pathos in modo esponenziale, accompagnano chi ascolta in un viaggio sonoro di sicuro impatto. E a dirla tutta ci sono riusciti solo in parte.
La serata bolognese allora è da considerarsi come una bella conferma per un gruppo ancora emergente e che ha tanto da imparare dai maestri del genere (Explosion In The Sky, Mogwai e compagnia bella…), ma che sta già dando prova di avere un talento che non vede l’ora di scoppiare definitivamente. Grande entusiasmo da parte del pubblico, ma credetemi: dategli tempo e sono sicuro che questi sapranno distruggerci tutti.
(la foto dei TWDY in azione a Bologna è dello stesso Marco Jeannin)
Articolo del
29/04/2009 -
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