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Dopo quasi trent'anni di onorata carriera, a distanza di tre anni dall’ultimo concerto romano, il tour dei Depeche Mode ha toccato nuovamente la Città Eterna il 16 giugno scorso. Per i 50.000 fans accorsi da tutta Italia è stata un'occasione per ascoltare dal vivo i loro hit più famosi nonché i brani tratti dall’ultimo album Sounds Of The Universe, ennesimo successo planetario della band. Influenzati da artisti del calibro di Kraftwerk, Gary Numan ed i Japan di “Quiet Life”, i Depeche Mode sono stati tra i pionieri di quell’electro-pop britannico degli anni '80 il cui marchio di fabbrica era costituito dalle trame di sintetizzatori e dal battito incessante della drum machine. C'è da dire che il loro percorso artistico si è evoluto con il passare del tempo passando da un suono scanzonato e, per certi versi, adolescenziale degli esordi verso atmosfere cupe e sofferte a partire dai primi anni '90.
Nonostante una delicata operazione al cantante Dave Gahan avesse messo in discussione il proseguimento del loro tour, i Depeche Mode sembrano avere dalla loro un elisir di lunga vita che ne ha permesso il ritorno sul palco a tempo di record lasciandosi alle spalle l’ennesima pagina buia come se nulla fosse. Ed eccoli finalmente!
Oltre due ore di musica aperte, inaspettatamente con mezz’ora d’anticipo sull’orario prefissato di inizio concerto, da “In Chains”, il singolo “Wrong” e “Hole To Feed”, tutti brani tratti dall’ultima fatica “Sounds Of The Universe”, diciottesimo album del gruppo dal sapore molto vintage. Lo scenario oceanico da mega stadio, in cui si intuiscono sul palco le sagome dei tre “ex ragazzi di Basildon”, impone il supporto della tecnologia per mantenere alta la tensione emotiva: le immagini proiettate dal megaschermo centrale (e dai due laterali) sono dei piccoli capolavori che avvolgono ed accompagnano ogni singolo brano proposto come se si trattasse di un vero e proprio videoclip. Durante l’esecuzione di “Peace” vengono proiettate l’esplosione della bomba atomica, i sit-in e le marce anti Vietnam del “movement” di fine 60. Immagini eros impazzano in “Strangelove” dove una ragazza orientale succhia l’alluce di un’amica in reggicalze provocando un repentino aumento della temperatura atmosferica della serata (peraltro già torrida di per sè) di una buona decina di gradi!
Elettronica in bilico tra passato e futuro. Gahan, con gilet aperto sul suo fisico asciutto e pantaloni neri in perfetto stile dark, è ipnotico e canta con consumata disinvoltura i successi di ieri e quelli di oggi come “Walking In My Shoes” e “It's No Good”. “Question Of Time” segna uno dei momenti migliori del concerto con il cantante che corre sul palco e gira su sè stesso con un energia a tratti incontenibile. Ma il meglio deve ancora arrivare: “Precious”, “Fly On The Windscreen”, “Little Soul”, “Home”, “Come Back”, “In Your Room”, “I Feel You”, “Policy Of Truth”, fanno da preludio all’atteso ed intenso “ritual” di “Enjoy The Silence” con Gahan che lascia cantare il pubblico in uno scambio di amorosi sensi. Un altro capolavoro (“Never Let Me Down Again”) ci accompagna ai bis finali: il pubblico salta e balla impazzito ai ritmi di “Stripped”, “Master & Servant”, “Strangelove” e “Personal Jesus”. Ci si attende “l’ultimo Waltz”. Il concerto si chiude, invece, con un momento di magico intimismo (“Waiting For The Night”) con Martin Gore che canta accompagnato da Gahan al piano, quasi a sorprenderci ancora una volta.
Inarrivabili, immensi, unici Depeche: “time may change me but I can’t trace time”.
SETLIST:
In Chains Wrong Hole To Feed Walking In My Shoes It's No Good A Question Of Time Precious Fly On The Windscreen Little Soul Home Come Back Peace In Your Room I Feel You Policy Of Truth Enjoy The Silence Never Let Me Down Again
Stripped Master And Servant Strangelove
Personal Jesus Waiting For The Night
Articolo del
19/06/2009 -
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