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(SEGUE DALLA 1a PARTE)
DAY 2
Si riparte con Static X, Black Dahlia Murder e Cynic, le cui esibizioni ci sono ancora una volta precluse dalla sempre mirabolante puntualità dei mezzi pubblici. Ma, fin dall’ingresso, è subito chiaro che il pubblico è praticamente raddoppiato rispetto a ieri, e che la temperatura e l’umidità minacciano di fare altrettanto. A fronte di tutto ciò, far suonare i Napalm Death all’una del pomeriggio è un atto di puro sadismo da parte dell’organizzazione. Ma i Napalm non sono certo tipi da lasciarsi smontare: la loro performance è tiratissima, violenta come una raffica di mitra, e i fan all’altezza della situazione.
Se la prima giornata ci ha portato divinità del calibro dei Mötley Crüe, e naturalmente dei nostri “padri fondatori" Heaven And Hell, anche oggi in scaletta ci sono nomi di peso: l’attesa è tutta per Dream Theater e Slipknot; delusione, invece, per i numerosi fan dei Saxon, dati ufficialmente per dispersi senza ulteriori spiegazioni. Bene i Mastodon e, più avanti nel corso della giornata, i Blind Guardian: ma, a dire il vero, li abbiamo visti entrambi più in forma in altre occasioni.
E’ il turno di Tarja Turunen, bellissima e – così vuole la leggenda – litigiosissima ex-vocalist dei Nightwish. Sarà anche così, fatto sta che Tarja si rivela un animale da palco: si muove sicura e ammaliante, canta divinamente, con una precisione mostruosa, coinvolge il pubblico grazie soprattutto a I Walk Alone e alla cover di Poison di Alice Cooper. E’ superfluo precisare che il supporto più caloroso per lei proviene dalla metà maschile degli spettatori. Però, anche su Tarja, come sui Tesla il giorno prima, incombe l’ombra delle divinità che stanno per salire sul palco dopo di lei: trattasi dei Down di un certo Philip Anselmo, che a tutti piace ancora ricordare come i mitici Pantera, a conferma le acclamazioni del pubblico. Down o Pantera che siano, l’affetto dei loro fan è invariato, e al loro ingresso in scena l’atmosfera si arroventa immediatamente. Quando poi si fa avanti Philip, il delirio, soprattutto nelle prime file, è indescrivibile. E lui ricambia come sa fare, con quel vocione inconfondibile, spaccaossa, con cui fa letteralmente quello che vuole sulle note di Lifer, The Path, N.O.D.. Per il resto, è il solito Phil: istrionico, esagerato in tutto, spaccone, visibilmente compiaciuto quando la folla, galvanizzata, scandisce a più riprese “An-sel-mo, An-sel-mo!”. Una rockstar dalla testa ai piedi. Il concerto dei Down regala anche un fuori programma: l’incursione sul palco di Padre Cesare Bonizzi, meglio noto ai più come Frate Metallo (primo e, si suppone, unico caso di ecclesiastico metallaro nella storia dell’umanità), e il relativo abbraccio con un fintamente sbalordito Anselmo. Il siparietto ha del surreale (qualcuno dalla prima fila prorompe in un “Non ci credo!”), ma l’audience si diverte e approva.
Momento grindcore con i Carcass, si rivede sul palco anche il batterista Ken Owen, che porta ancora i segni dell’emorragia cerebrale che lo ha quasi ucciso nel 1999. E’ apparso però più in forma dello spettro che aveva faticosamente salutato il pubblico nella scorsa edizione, lasciando tutti con un nodo in gola. Sebbene Daniel Erlandsson degli Arch Enemy lo sostituisca onestamente, non si può che sperare in un suo recupero. In bocca al lupo, Ken!
La giornata volge al termine e si avvicina il momento degli headliner di oggi. Per i Dream Theater vale sostanzialmente lo stesso discorso fatto per gli Heaven And Hell: ovvero, quando si parla di James LaBrie, John Petrucci, Mike Portnoy, semplicemente non se ne può parlare che bene. I Dream Theater, è risaputo, sarebbero capaci di emozionare anche se si esibissero nel repertorio dello Zecchino d’Oro. Ma i nostri non sono certo venuti a Monza per vivere di rendita. Regalano uno show magico, a tratti commovente, impreziosito da tutte le mille, cangianti atmosfere dei loro capolavori: gemme come Metropolis, Erotomania, Voices, Pull Me Under, A Rite Of Passage. Naturalmente il pubblico partecipa entusiasta, le tribune del Brianteo sono gremite, non c’è un centimetro quadrato libero in tutto lo stadio. LaBrie è in gran forma, ma gli occhi sono tutti calamitati dall’Incredibile Mike, alias Portnoy. La sua batteria è da sempre il biglietto da visita dei Dream Theater; veder suonare dal vivo questo prodigio vivente è come guardare un prestigiatore delle bacchette, che si esibisce in numeri impossibili per i comuni mortali, e la domanda sorge spontanea: “Ma è un essere umano o una piovra?” (anche questa sentita dal pubblico, ndr).
Il Gods 2009 si avvia alla conclusione con gli Slipknot, la band di Des Moines, Iowa, noti per le inquietanti maschere che sono soliti indossare sul palco. Le distorsioni nu metal degli Slipknot non sono mai state digerite fino in fondo dai cultori del metal classico. Ma la performance di Corey Taylor e soci (in particolare una fenomenale Before I Forget) metterebbe a tacere anche il più prevenuto dei critici. Aggressivi, devastanti, spettacolari visivamente e musicalmente, come si conviene all’evento: il Gods è un po’ la celebrazione della nostra parte più fuori dagli schemi; è per questo che l’amiamo, ed è per questo che l’appuntamento per l’anno prossimo è sempre lì.
(La foto dei Down in concerto allo Stadio Brianteo è di Arianna Mossali)
Articolo del
04/07/2009 -
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