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Location sicuramente molto intima quella che Roberto Vecchioni ha scelto per una delle ultime tappe del suo tour nazionale In-Cantus, certamente non scontata e abbastanza raccolta per l’occasione, ovvero la registrazione che realizzerà a Natale per un cd forse anche Dvd.
Un piccolissimo e caratteristico paesino in provincia di Catanzaro, Montauro, arroccato con una piazzetta centrale tipo una sorta di mini (ma non troppo) anfiteatro, abbraccia un pubblico di tutte le età giunto dall’intera provincia, che caloroso dà un fantastico benvenuto al professor Vecchioni che sale sul palco attirando da subito la simpatia di tutti con la sua semplicità e capacità di interagire. L’essenziale orchestra dei Nu-Ork String Quintet composta da soli sei elementi (due violini, un violoncello, un contrabbasso, un piano e il flauto di Ilaria Biagini che si occupa sola anche dei cori), lascia subito intuire qualcosa di sofisticato ed elegante, come poi lo stesso cantautore milanese con una prefazione dello spettacolo confermerà con gli aggettivi di divertente, emozionante, riflessivo e soprattutto esplorativo. Attacca subito con una jazzante Blue Blue Moon, ottimo come inizio per una bellissima serata di agosto inoltrato costellata di stelle che le bellissime e soffuse luci del paese lasciano liberi di ammirare. Prosegue subito una full immersion nella musica classica, nei “salti mortali” come descrive lui stesso quei esperimenti assolutamente ben riusciti, quelli ideati dal maestro Beppe D’Onghia (che ritroviamo al piano), fra Tchaikowsky, un contemporaneo Rossini, ma che sicuramente vede protagonista nientepopodimeno che Le Quattro Stagioni di Vivaldi come base ad un bellissimo testo cucito su una recente storia di cronaca trasformata delicatamente per l’occasione sulle fasi di un amore; quindi La Patetica di Beethoven, una breve melodia classica, un rifugio di parole nel quale trovare un’universale consolazione per ogni singolare forma di perdita, scandita però da un singolare e fortemente voluto tono dolce-speranzoso anziché triste-malinconico.
E come promesso non potevano certo mancare i pezzi più pop-rock nonostante l’assenza degli strumenti che più comunemente ci possono ricordare il genere... E via quindi con cavalli di battaglia come Voglio una donna, nel quale un pubblico partecipe duetta col cantante, la bellissima Luci a San Siro, Sogna ragazzo sogna, Milady, gioiellino dedicato alla musica, per inoltrarsi poi in monologhi poetici con firme quali quelle di Meth (poeta turco) e Vittorio Gassman, e anche in barzellette smorza atmosfera. Una linea d’onda di un’ora e mezza abbondante che fila velocissima fino agli addirittura tre acclamatissimi bis culminati con Samancanda.
Musica, cultura, risate, semplicità, umiltà, sociale, complicità, fratellanza... sette elementi come sette gli elementi in questo, agli occhi piccolo per la sua preziosità ma grande spettacolo, uniti sul palco per un solo messaggio, più messaggi, forse la pozione magica per resistere all’”attesa” protagonista del saluto e sincero augurio di Roberto Vecchioni: speranza, vita, fede.
Articolo del
02/09/2009 -
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