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Serata davvero interessante, aperta dall’electro-pop minimale di una sorprendente Lettie McClean, davvero brava e molto graziosa, che ha presentato dal vivo i brani tratti da “Age Of Solo”, il suo nuovo album. Intorno alle 22,00 poi, è salito sul palco Peter Murphy, ex-vocalist dei Bauhaus, il Principe Nero del Gothic Rock, l’iniziatore di questo genere musicale, questa sera accompagnato dal vivo da Mark Gemini Thwaite, ex Mission, alla chitarra, da Jeff Schartoff, ex Human Waste Project, al basso, e da Nick Lucero alla batteria.
Stretto in un giubbino nero di pelle, con le piume, il 52enne Peter Murphy ha subito puntato il suo sguardo magnetico sul pubblico delle prime file e ci ha regalato alcuni brani nuovi, che faranno parte di un album che uscirà entro l’anno, più tutta una serie di cover version sulle quali è stato improntato il tour. Sorprende non poco l’esecuzione di “Instant Karma” di John Lennon, non tanto per l’arrangiamento ritmico, quanto per quel “We all shine on” gridato a gran voce da colui che credevamo fuggisse la luce e vivesse - sul piano strettamente musicale - nel regno delle tenebre!!! Molto più a suo agio invece l’ex Bauhaus quando esegue “In Every Dream Home A Heartache”, un vecchio successo dei Roxy Music di Bryan Ferry e di Eno. La canzone è davvero il simbolo della decadenza e della perversione più assoluto, con l’immagine di quell’uomo da solo in una stanza d’albergo alle prese con una bambola gonfiabile a cui fare dono di tutto il suo amore. L’esecuzione di Peter Murphy è perfetta, con quella smorfia di insoddisfazione dipinta sul volto, con quello sguardo cupo ed ammaliante, che esprime a perfezione il disagio esistenziale descritto dal brano. Seguono canzoni tratte dal suo ricco repertorio come solista, in particolare da “Deep”, del 1989, album dal quale recupera sia “Deep Ocean Vast Sea” sia la bellissima “A Strange Kind Of Love”, una rock ballad molto richiesta dal pubblico, presentata in una versione acustica molto scarna ed essenziale, e proprio per questo ancora più affascinante.
Peter Murphy è sempre gentile e disponibile, mostra cenni di scarsa sopportazione solo quando qualche epigona del dark degli anni Ottanta continua a chiedergli urlando i vecchi pezzi dei Bauhaus. Forse a quella ragazza non è stato detto che lui, con i Bauhaus, ha chiuso, definitivamente e per sempre, e che non si è lasciato neanche in buoni rapporti con gli altri della band. Soltanto nel finale Murphy eseguirà “In The Flat Field”, mescolata ad una serie di pezzi memorabili nella storia del rock, quali “Transmission” dei Joy Division e “Ziggy Stardust” di David Bowie, l’artista che Peter Murphy ha ammirato più di qualsiasi altro, il vocalist che ha sempre voluto emulare.
Articolo del
05/10/2009 -
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