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Non si può mancare per ragione alcuna ad un concerto di Jonathan Richman, l’ex vocalist dei Modern Lovers, anche se non ha un repertorio nuovo da presentare, anche se il concerto è pressoché uguale a quello dell’anno scorso a Stazione Birra, anche se dopo l’operazione alle corde vocali, lui non è più lo stesso, e non può essere diverso da così. Mr. Richman è originario di Boston ma vive da tanto tempo ormai a San Francisco, dove non si dedica soltanto alla sua attività di musicista, ma si disimpegna anche come muratore e handy man (uomo tutto fare) in una piccola impresa di ristrutturazione edilizia. Jonathan Richman, uomo mite, ironico, sempre gentile e sorridente, è l’antitesi della rock star, è stato l’inventore del folk underground ed il precursore di tutto il movimento lo-fi. Ascoltare le sue ballate acustiche, così minimali e scarne, significa entrare a far parte del suo mondo, improbabile e garbatamente naive, significa cogliere il senso ironico delle cose della vita, in particolare di quei piccoli drammi quotidiani che noi trasformiamo in tragedie epocali.
Lui no, accompagnato come al solito dall’amico di sempre Tommy Larkins, batterista silenzioso ed introverso, che lo asseconda prontamente in tutti i suoi passaggi ritmici e nelle sue frequenti bizzarrie armoniche, ci regala un concerto acustico che inizia in un italiano strampalato ed imperfetto, arricchito però da rime divertenti e stimolanti, come quando canta di “un mondo imprevedibile” che presto diventa “orribile” oppure della bellezza di un “acquazzone su un rudere arancione”!!! Subito dopo arriva la straordinaria “Pablo Picasso” (such an asshole), un vecchio successo, seguito da “Dancing In The Moonlight”, una ballata molto delicata, felicemente ispirata, e vagamente romantica, che termina con una passeggiata fra i tavoli del Big Mama per guardare in faccia il suo amato pubblico. Jonathan Richman ci racconta quindi della bellezza dei “Dark Arcades” delle grandi città, sottopassaggi oscuri, che lo affascinano moltissimo, per diventare poi autobiografico quando ci canta in modo confidenziale della “tristezza della sua giovinezza”, ed esegue “Velveteen”, un brano sui miti della musica rock dei primi anni Settanta. E’ il momento dell’attesa ed immancabile “Dancing In The Lesbian Bar”, un brano davvero molto ironico e divertente che viene reso assolutamente fantastico dalla sua mimica, da quell’espressione sempre un po’ sbalordita e un po’ attonita del suo volto. “Sono un po’ esigente” confessa Jonathan “Come si dice in italiano esigente?” “Esigente!” rispondiamo tutti e via così nel trionfo del “non sense” più totale. Dopo una breve pausa, Jonathan torna a cantare alcune sue recenti canzoni, questa volta in francese, per poi regalarci un altro scorcio di vita privata “A volte è difficile lasciare la propria donna per andare in tour” sorride Mr Richman “ma a volte è meglio così”. Poi critica quanti si rifugiano in campagna, a caricarsi di insolazione e di silenzio, lui che ha bisogno invece del rumore della città. Lui non guarda la t.v., lui non legge i giornali, non vuole sapere niente di niente, gli basta vivere, cantare le sue ballate acustiche minimali e underground, regalarci degli assoli percussivi improbabili, ma fantastici, al termine dei quali augura a tutti “Buon Natale!” Ecco che torna a cantare in italiano, per raccontarci dello scorrere dei suoi pensieri con un refrain ossessivo e divertente che recita più o meno così “la mia mente corre veloce/ ma io dico basta alla mente/ va abbastanza bene/ abbastanza bene/ abbastanza va”! Un delirio! Ci racconta di “sfumature che appartengono all’aldilà” e di una “Vampiressa Muier”, con un fare assolutamente sarcastico e devastante nella sua semplicità. A volte - quando si diletta nelle sue digressioni ispaniche - sembra un mariachi, un musicista di strada che reinterpreta la realtà in modo colorito ed avvincente. Il concerto si avvia verso la fine con l’esecuzione di un classico come “Springtime In New York”, una ballata straordinariamente bella e sognante, ma il pubblico chiede ancora qualcosa di più. Ed ecco che Mr Richman torna a cantare d’amore e promette che “this romance will be different for me” e infine ci regala “When You Refuse To Suffer (When You Refuse To Feel)” una splendida canzone, che ci indica garbatamente come stare dal mondo.
Artista unico e inimitabile, il rock and roll di un ordinary man assolutamente fantastico! Nulla da aggiungere.
Articolo del
28/10/2009 -
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