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Domenica 25 ottobre al Teatro Pergolesi di Jesi è andata in scena la famosa Traviata degli Specchi. Famosa La Traviata di Giuseppe Verdi, famoso anche l'allestimento del 1992 di Josef Svoboda, con cui ha vinto il premio Abbiati nel 1992. Questo stesso allestimento è stato ripreso da Henning Brockhaus per lo Sferisterio di Macerata e riadattato per il Teatro di Jesi.
L'allestimento scenico, passatemi il termine non proprio usuale per l'argomento così serio, è una figata. Un muro di specchi si alza dal palco ad inizio opera e si ferma a tre quarti di altezza, focalizzando l'attenzione sulla scena centrale del palco e al tempo stesso straniandola. Riprendendo così il tema cruciale del romanzo di Dumas, ovvero il rifiuto del mondo razionale borghese per la ricerca del piacere e del divertimento. Eh sì, perché Violetta era una puttana! (e qui cito Verdi), ma vuoi o non vuoi, negli anni si concentra l'attenzione sulla storia d'amore travagliata, per perdere la denuncia sociale di un mondo maschilista.
Il tempo dell'azione si svolge nel 1900, Verdi avrebbe voluto fosse il 1800, ma fu costretto ad anticiparlo almeno di un secolo per non scandalizzare troppo il pubblico del tempo, visto il tema già un po' troppo sopra le righe. La scelta di posticipare l'ambientazione è di ordine estetico e i costumi si ispirano alla pittura di Giovanni Boldini. Pittura che ritroviamo anche nelle scene che a volte dipingono veri e propri spaccati di vita sociale, a volte sono collage di pitture con motivi erotici. Il focus è sulla scelta di Violetta, una scelta d'amore profondo e l'incapacità di Afredo di seguirla.
In questo allestimento Violetta è interpretato da Uni Lee, giovane soprano della Corea del Sud, al suo primo personaggio principale. Sinceramente, nonostante l'inesperienza, ha proprio convinto, e non solo me, ma anche tutto il pubblico del Teatro di Jesi (che era tutto esaurito) che ha fatto sentire il suo entusiasmo con applausi a scena aperta. Verdi, per il suo personaggio di Violetta, aveva bisogno di una "donna di prima forza", ovvero con una voce sia agile e potente sia interpretativa, che passasse con disinvoltura dalla cabaletta di "Sempre libero" con le sue fioriture, ma che si imponesse con forza anche negli orchestrali del famoso "Amami Alfredo" e che fosse espressiva soprattutto nell'utimo atto.
Nulla da eccepire quindi per la giovane Uni Lee e un plauso alla Fondazione Spontini che non ha paura di puntare su interpreti giovani e anche inesperti rischiando un po', come nel caso del tenore, Piero Pretti.
Articolo del
02/11/2009 -
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