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Nella prima parte della serata Emidio Clementi dei Massimo Volume ha presentato un reading sonorizzato tratto da “Matilde e i suoi tre padri”, il suo nuovo libro. Ci ha raccontato i giorni della rivolta, ci ha ricordato i tempi del Movimento del 1977, e dell’importanza di Bologna, città guida della contestazione in quegli anni. Ma ben presto tutto finisce, la disillusione regna sovrana, ed entra in gioco la droga, l’eroina, capace di restituire un certo benessere, anche se aleatorio. Testimone di tutto questo è Matilde, una bambina concepita in quel periodo, che diventa osservatrice attenta di una realtà che si presenta con legami sempre più fragili, che ti offre relazioni sempre più difficili e ti porta a visualizzare il mondo con profonda amarezza.
L’introduzione giusta, non c’è che dire, per il ritorno dal vivo di Fausto Rossi, l’artista milanese, noto negli Anni Ottanta come Faust ‘O. Il suo è un set acustico mirato a presentare i brani di “Becoming Visible”, il suo ultimo album, un lavoro davvero interessante, cantato interamente in inglese. Accanto a lui l’amico Massimo Betti, alla chitarra. All’inizio Fausto appare nervoso, deve ancora mettere in ordine la scaletta, è reduce da una brutta influenza ed ha paura di non avere abbastanza voce, ma poi quando comincia a suonare la sua chitarra acustica e ad intonare le nuove canzoni, tutto cambia, e compare il lato più intimo, quello più sofferto, di un songwriter timido e schivo, ma di grande valore. “Foolish Things” è fantastica, così come l’autobiografica “I Stand Apart”, testimonianza cruda di un artista che ha sempre rifiutato le luci della ribalta, che non è mai sceso a compromessi con il music biz, e che ha continuato a fare musica solo per il piacere di farlo, cercando ogni volta la dimensione giusta, una nuova idea. Non a caso sono passati dieci anni da “Exit”, l’altro suo cd, durante i quali Fausto Rossi aveva scelto l’isolamento, in una casa in collina, immerso nel silenzio. Adesso ritorna, con ballate acustiche minimali e scarne come “Everyone”, adesso torna ad essere “visibile”, ma in un altro modo, lontano dal pop rock sperimentale di quegli anni. Molto bella anche l’esecuzione di “I Want You”, una canzone originale, ma che vuole essere un tributo sia a quella “I Want You (So Bad)” incisa dai Beatles su “Abbey Road” sia alla “I Want You” di Bob Dylan, altro caposaldo della sua formazione artistica. C’è un forte ritorno alle radici del blues nelle sue nuove composizioni, ma le soluzioni armoniche e la ricerca melodica non vengono mai messe in secondo piano. E’ il caso di “Paradise”, un telegramma poetico messo in musica, un pezzo di indubbio fascino, che cattura gli affezionati presenti. Molto bella anche “Tonight” sempre dal nuovo album, un brano che precede la title track di “Exit”, un ritorno al passato, che si apre con l’amarezza di versi come “mi sveglio e faccio schifo”, ma che poi recupera una più corretta dimensione lirica su “Ora che ho visto”, altra citazione da “Exit”, comunque amara, pur sempre dolente. Più il concerto va avanti più ascoltiamo un inno disperato alla solitudine, vista come l’unica condizione esistenziale possibile, vista come dimensione artistica ideale. Fausto Rossi, nel finale, ci regala anche un inedito, “Down Down Down”, prima di concedersi brevi ritorni sul palco dove accenna appena qualche accordo di chitarra e si scaglia invece con una certa veemenza contro quelli che ogni mattina si alzano per andare a lavorare, per fare i soldi, e contro Julian Cope, artista a cui era stato accostato da qualche critico musicale. Fausto nega sdegnato ogni vicinanza con un musicista che definisce “falso” per il suo abbigliamento, per le sue canzoni, per quella bandiera anarchica che fa volteggiare sulla scena alla fine dei suoi concerti. Ma è talmente disilluso e amareggiato dalla vita che poi conclude: “se però a voi piace...cazzi vostri!!! “
Articolo del
05/11/2009 -
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