|
“The Incident Tour 2009” è una serie di concerti dell’ormai famosa rock-progressive band Porcupine Tree, programmati nelle principali città del Nord-America, dell’Europa e dell’Australia, che si sta svolgendo proprio in questo periodo autunnale e che si concluderà nel prossimo febbraio 2010. Vado a sentirli e a vederli il 5 novembre insieme ad altre 2.500 persone, che hanno completamente stipato l’Atlantico Live di Roma, una moderna struttura dotata di una acustica dignitosa, almeno per ciò che riguarda questo concerto.
Alle 21 circa inizia la performance dei Demians, il trio di supporto francese, capitanato dal polistrumentista Nicholas Chapel, la mente del gruppo che ha composto tutte le musiche ed i testi del loro primo ed unico album "Building An Empire" uscito nel 2008. Questo album risulta essere originale nella composizione, gradevole e ben suonato, ed è un ottimo trampolino di lancio per la giovane band. I Demians nel loro concerto durato una quarantina di minuti, ci presentano una musica sperimentale e minimalista, a metà tra il genere progressive e quello metal con notevoli influenze grunge, però il loro sound dal vivo presenta ancora dei margini di miglioramento soprattutto per quel che riguarda la pulizia. Un consiglio che mi sentirei di dare per le loro esibizioni live è la sostituzione delle loro basi di sintetizzatore con un tastierista in carne ed ossa: ciò consentirebbe di distinguere meglio la parte musicale live da quella preregistrata.
Alle 22 finalmente inizia l’esibizione dei Porcupine Tree con il leader e frontman Steven Wilson (voce e chitarra), l’ex-Japan Richard Barbieri (tastiere), Colin Edwin (basso), Gavin Harrison (percussioni), accompagnati da John Wesley (chitarra), quinto elemento del gruppo per le loro esibizioni live. Wilson si scusa subito con gli astanti perché nella prima parte del concerto intende eseguire la suite di circa 50 minuti The Incident, tratta dal loro ultimo ed omonimo album uscito a settembre 2009; del resto sarebbe difficile presentare questa mastodontica opera musicale in modo parziale, poiché tutte le parti che la compongono sono strettamente correlate ed acquistano valore e significato solo in un loro ascolto integrale. Infatti il concetto basilare sottolineato da Wilson è che la parola “incidente”, utilizzata dai mass-media per descrivere le disgrazie che distruggono l’esistenza di chi è costretto a subirle, assume un significato troppo distaccato e ironico; perciò i quattordici movimenti che compongono la suite vogliono recuperare tutti gli aspetti emozionali di quattordici tragici eventi di cronaca riportati semplicemente come “incidenti” dai media. Dal punto di vista compositivo The Incident risente molto dell’influenza di molti gruppi storici del rock progressivo, ma soprattutto si notano espliciti riferimenti all’album Animals dei Pink Floyd; l’esecuzione live è curata dal gruppo in modo quasi maniacale e risulta essere perfetta, inoltre il suono pulitissimo è accompagnato da bellissime sequenze di immagini e video proiettate sullo schermo retrostante il palcoscenico che intendono restituire al pubblico tutte le tragiche emozioni provate dai protagonisti nel corso dei loro “incidenti”.
Dopo una breve pausa di 10 minuti scandita da un conto alla rovescia stile “Cape Canaveral” proiettato sul maxi-schermo, inizia la seconda parte del concerto in cui i Porcupine Tree suonano brani abbastanza recenti come Start Of Something Beautiful dall’album Deadwing (2005), Anesthetize-PilIs I’m Taking, Normal, e Way Out Of Here dall’album Fear Of A Blank Planet (2007), o come Bonnie The Cat dal già citato The Incident (2009). Solo due brani presentati sono abbastanza datati: Russia On Ice in versione corta da Lightbulb Sun (2000) e l’antichissima Stars Die scritta nei primi anni '90, ai tempi dello Spatial Rock, in cui il gruppo era prodotto dalla Delerium, l’etichetta musicale che apparteneva alla rivista di musica underground Freakbeat, e che è stata pubblicata come title track nell’album Stars Die –The Delerium Years 1991-1997 (2002).
Infine si giunge al bis finale in cui sono proposti Sound Of Muzak e la splendida Trains entrambi tratti da In Absentia (2002) e il concerto si chiude con l’ovazione del pubblico ed il lancio sul palco di un piccolo giocattolo: un pollo di plastica fluorescente che tanto è piaciuto a Steven Wilson da usarlo come strumento al momento della presentazione finale della band e che sicuramente sarà riutilizzato nei prossimi concerti.
Articolo del
08/11/2009 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|