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Glen Johnson e gli altri quattro Piano Magic partono subito sparati, con una versione di Recovery Position che evoca i primi New Order e che dovrebbe immediatamente riscaldare gli animi intorpiditi di una platea intergenerazionale (per una volta non eravamo i più agée), che quasi riempie il Circolo degli Artisti. E a noi fa questo effetto, complici i due generosi negroni, corposa specialità del baretto nel cortile del Circolo; ma tutto intorno l'aria è ferma.
E allora Piano Magic ci proveranno per l'intera scarsa ora e un quarto del loro set, alternando cavalcate psichedeliche, una tiratissima versione di Jacknifed, una splendida versione di The Faint Horizon, la voce in solitaria di Angele David-Gillou in Incurable, la cover di Advent (così ci pare) degli amatissimi Dead Can Dance (Brendan Perry è ospite in stato di grazia in due pezzi di Ovations, eccellente lavoro fresco di stampa e venduto al banchetto della band; e dai rumors di sala si vocifera che Johnson ricambierà la cortesia apparendo nel prossimo disco solista di Perry!). Poi un continuo di echi che riportano ai tardi '70, primi '80 di Ma(n)dchester, con un paio di passaggi in cui sembra di sentire Isolation e Heart And Soul; quindi una esplicita evocazione di Morrissey, che “ha collassato sul palco! E potevo essere io!” se la ride sornione il nostro Glen! Che poi ci intrattiene sul brusio delle sale italiche durante i concerti, citando la sera prima passata a Cosenza; ma la nostra di sala è invece troppo immobile, come osserva con condivisibile arguzia una stilosa new-waver: “non siamo mica a vedere un film di Godard!”.
Per noi questo è il concerto che abbiamo lisciato negli 80s: come se dal palco piovessero i suoni e le voci di Joy Division, New Order, The Smiths, Dead Can Dance e And Also The Trees! Splendidi Piano Magic, crepuscolari, intimisti, melanconici, ma anche rabbiosi, lisergici e fomentatori mancati di moltitudini in fibrillazione depressiva. Per fortuna dopo il concerto, che finisce sempre troppo presto, ci rimane Ovations (Make Mine Music) un lavoro notevole, di scavo nella nostra adolescenza perduta, che oltre la partecipazione ritmica dell'altro Dead Can Dance Peter Ulrich, sembra ricordare The Cure di Pornography (in The Blue Hour), ma anche un incedere à la In The Nursery (l'attacco di La Cobardìa de los Toreros sembra Koda) e sussurri cripto-industriali dei Test Department meno rumoristici.
Così il quadro si chiude: nel trentennale dell'ascesa di Margaret Thatcher (i Test Dept fecero un epico LP con il coro dei minatori gallesi in lotta contro la Lady di ferro: Shoulder To Shoulder, 1984) e della pubblicazione di Three Imaginary Boys e Unknown Pleasures, Glen Johnson e i suoi Piano Magic sembrano guidarci nell'oscura fuoriuscita dai fallimenti neoliberisti, rimanendo avvolti nelle protettive tenebre di sonorità che ci hanno già narrato la sadness di un'epoca, sull’orlo di una recessione prossima alla depressione. Per fortuna, intanto, ora c'è un altro negroni...
Articolo del
13/11/2009 -
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