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Capello platinato, forma smagliante e lessico italiano arricchito di blasfeme affermazioni; così si è presentato ieri sera, puntualissimo, Billie Joe Armstrong, insieme a Trè Cool e Mike Dirnt. I Green Day tornano in Italia e dopo la prima tappa di Milano, si fermano a Casalecchio di Reno, ospitati dal Futurshow. Uno show sorprendentemente caloroso e coinvolgente quello di ieri sera, che è durato ben due ore e mezzo, senza nemmeno un’interruzione. L’unico momento in cui si sono concessi un po’ di riposo è stato quando si sono stesi tutti e tre a terra e hanno cantato piccoli assaggi di Doors, Rolling Stones, Beatles! Questo preceduto da cinque minuti di follia in cui hanno messo ai loro strumenti tre ragazzi presi dal pubblico! Hanno suonato loro, e Billie cantava serenamente, come se la sua –amatissima - Fender non fosse in mano ad un nonsochidiavolosia.
Arrivano energici, sul palco, preannunciati dalla melodica canzoncina di apertura del loro ultimo album, “Song Of The Century”. Iniziano a spaccare l’atmosfera con effetti scenografici mozzafiato, composti da suoni potentissimi come gli spari (che facevano sobbalzare ogni poco!). Anche le immagini sullo schermo gigante sono state eccezionali, come quella di una città – apparentemente Los Angeles – per accompagnare il miglior pezzo dell’album, nonché la title track “21st Century Breakdown”! A seguire, fiamme gigantesche che venivano su dal palco, durante “Know Your Enemy”, “Holiday”, “American Idiot”. Particolari anche le immagini di Gesù Cristo sofferente in croce durante “East Jesus Nowhere”. La scaletta, decisamente ben studiata, presenta titoli eccelsi come “When I Come Around”, “Basket Case” e “She”, tutti pezzi tratti dal più famoso lavoro - e forse migliore - firmato dal “giorno verde”, “Dookie” (1994). Momenti lenti e decisamente apprezzati come “21 Guns” e “Wake Me Up When September Ends” sono stati accompagnati da coriandoli blu e bianchi che cadevano dal cielo e che hanno dato un po’ un senso hollywoodiano al tutto. Un attimo di terrore e delizia, quando decidono di proporre “Highway To Hell” degli AC/DC. La canzone che ha coinvolto tutti, dalle tribune al parterre, dai quarantenni ai dodicenni, dalla prima fila all’ultima... è stata senza dubbio “Jesus Of Suburbia”, considerata da molti la loro miglior canzone di tutti i tempi. La grinta, la passione e la rabbia ce le hanno messe tutte, e noi spettatori gli abbiamo aiutati convincendoli che meglio di così, in quel momento, non ci poteva andare. Eravamo proprio pienamente soddisfatti, avevamo bisogno (almeno alcuni di noi) di quelle parole, di quello sfogo, di quei “I don’t care if you don’t care” o della convinzione di poter mandare a farsi benedire quell’ “hurricane of fuckin’ lies”. Almeno lì. Almeno ieri sera. Almeno in quel momento, con loro, insieme a loro. E’ stato l’ennesimo pezzo eseguito ieri, tratto da “American Idiot”. Hanno scelto quello come album di riferimento per il concerto; tutti si aspettavano chiaramente che fosse l’ultimo lavoro ad avere la prima. Invece...!
A rendere felicissimi i veterani veri fans accaniti, pezzi come “Going To Pasalacqua”, “Knowledge” e “Coming Clean”, che hanno riportato ad una dimensione realmente punk,sebbene le migliaia di ragazzini sedicenti EMO o che dir si voglia PUNK ROCK, accompagnati dai genitori e che conoscevano solo gli ultimi pezzi puntassero a far sparire quella vena punk con cui i Green Day sono venuti al mondo. La mandria di “piccoli emo crescono” si è sicuramente shockata quando Billie ha avuto la splendida idea di bestemmiare dopo aver detto che avrebbe parlato il “linguaggio di Dio”, in un paese controllato moralmente ed eticamente – ipocritamente (nota personale dell’autore!) - dalla Chiesa! Ciò ha fatto passare in secondo piano il fatto che ci abbia mostrato le chiappe all’inizio del concerto, e sicuramente ha fatto cancellare anche dai ricordi oscuri dei genitori sconcertati il fatto che in “Bullet In A Bible” si sia infilato la mano nei pantaloni ed abbia simulato un orgasmo davanti a telecamere e più di 100mila spettatori (non fatemi nemmeno iniziare su ciò che faceva prima di essersi dato una calmata, negli anni ’90). Certi anche i commenti dei genitori: “lo sapevo che quel gruppaccio non era da vedere; te non ci torni più” – “ma babbo, perché?! Ha bestemmiato lui, non io”. Bla Bla Bla, e così l’emo diventa sempre più depresso (...?).
A chiudere definitivamente lo show, è solo Billie, con la sua chitarra acustica. Un tris di acustiche melodiche, concluse con la storica e bellissima “Good Riddance (Time Of Your Life)”. Chi ama i Green Day si ricorderà di questo concerto con il magone e con lo stomaco mangiato vivo dall’anima, dalla voglia di tornare, di respirare quei suoni, di rivivere emozioni e sensazioni che, almeno per alcuni, riportano alla propria iniziazione alla musica.
Articolo del
14/11/2009 -
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