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I Muse sono ufficialmente nel gotha della musica contemporanea. La consacrazione era già avvenuta all’indomani dell’uscita di Absolution, nel 2003. Da allora sono passati sei anni e due album: l’apocalittico Black Holes And Revelations (2006) e il sofisticato The Resistance (2009). E’ proprio per il “The Resistance Tour” che il trio del Devon ha fatto tappa al Futurshow Station di Bologna, sabato 21 novembre.
Tra fan di vecchia data curiosi di sentire i nuovi pezzi, quelli dell’ultima ora accorsi per ascoltare questo gruppo in grado di dare un’impronta originale all’indie, alle 18.30 si aprono i cancelli e la gente si accalca per trovare posti nelle prime file.
Dopo appena un’ora sul palco compaiono i Biffy Clyro, gruppo scozzese sconosciuto al pubblico italiano, ma con talento da vendere: i tre si esibiscono per circa quaranta minuti e dimostrano da subito di avere qualità, e il pubblico apprezza.
Sono le 20.30 quando, da tre piattaforme coperte con teli raffiguranti palazzi, iniziano dapprima ad accendersi le finestre, poi a comparire omini stilizzati che salgono delle scale. Il tutto viene accompagnato da una voce elettronica che ripete “We are the Universe, observe it, destroy it” e da note di sintetizzatore. A un certo punto, come un domino umano, l’omino in alto cade, trascinando dietro di sé tutti gli altri, giù i teli e la band appare su piattaforme a mezz’altezza, mentre le prime note di Uprising fanno esaltare il pubblico. Subito dopo Bellamy & Co. suonano Resistance, pezzo che da il nome all’ultimo album, seguita a ruota da due amarcord: il futuro decadente e tecnologico di New Born e le sfide dell’umanità di Map Of The Problematique. Ancora da Black Holes And Revelations eseguono quell’esperimento ben riuscito che è Supermassive Black Hole, accompagnato da laser verdi e da un’atmosfera che combacia perfettamente con lo stile della canzone. Fanno avanti e indietro nel tempo: in MK Ultra e Hysteria le qualità tecniche dei tre vengono fuori in maniera incontrastata. Nishe (b-side del singolo Unintended, tratto dal loro primo album Showbiz) apre la strada a Cave (sempre da Showbiz) e a United States Of Eurasia, in cui la citazione ai Queen è palese, mentre sul monitor appare una mappa del mondo diviso in sezioni geografiche. Guiding Light è il primo momento in cui i fan di vecchia data iniziano a ricredersi sull’ottima fattura di The Resistance: la ballata è struggente e ben confezionata e la voce di Bellamy da il meglio di sé. Chris, a questo punto, sale sulla piattaforma di Dominique e insieme danno vita a 3 minuti di riff di basso e percussioni di batteria, Helsinki Jam, che fanno tornare il pubblico a saltare. I due hanno preparato il terreno per la sperimentazione più estrema di The Resistance: Bellamy con la Keycaster torna sul palco e i tre eseguono Undisclosed Desire, che di per sé non entusiasma molto i fan di vecchia data, ma che comunque viene apprezzata per l’esecuzione e per le sonorità. La band decide che è ora di tornare a far pogare il pubblico, perciò esegue in successione Starlight, l’acclamatissima Plug In Baby e Time Is Running Out: nel palazzetto l’estasi è totale.
Piccola pausa e il trio ritorna sul palco: Matt al pianoforte esegue Exogenesis Part One, momento emozionale più intenso dell’intero show: nelle visionarie menti dei tre, si intrecciano musica classica e atmosfere degne dei Pink Floyd. Si torna al rock martellante e una scarica di suoni distorti viene fuori dagli amplificatori con Stockholm Syndrome, uno dei pezzi più apprezzati dai fan; subito dopo Chris inizia a suonare con un’armonica; Man With A Harmonica, canzone di Ennio Morricone tratta da “C’era una volta il West”, crea la cornice perfetta al pezzo conclusivo: sette minuti di rock, futurismo, western, elettronica e fine del mondo, Knights Of Cydonia.
L’8 giugno prossimo i Muse saranno a San Siro, come fare a non esserci, dopo aver visto e sentito uno spettacolo del genere? ”La resistenza continua”.
Articolo del
29/11/2009 -
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