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Inizio dalla fine del concerto. Nella mia breve e sportivamente non indimenticabile esperienza da surfista, aspettando lontano da riva l’onda perfetta su cui cappottarmi, una cosa almeno l’ho imparata. Mai rubare l’onda ad un altro surfista. Ieri, forse, Paolo Nutini ha un po’ tradito questa regola, proponendo come penultima canzone “Time To Pretend” degli MGMT. Intendiamoci: va benissimo fare una cover. Però, magari, la farei di un pezzo di qualche anno fa, poco conosciuto, o che non si sente spesso in giro per qualsiasi motivo. O comunque annunciandola come cover. Invece fare una canzone che fino a pochi mesi fa è stata in radio ed è stato forse il maggiore successo di un’altra band mi è sembrato un po’ come cavalcare l’onda di un altro surfista. Anche perchè magari i tre quarti del pubblico milanese non sapevano neanche chi fossero gli MGMT ed hanno accolto “Time To Pretend” (peraltro riarrangiata in stile Nutini) come l’ultima hit di Nutini.
A parte questo, comunque, il concerto è stato sicuramente positivo. Il giovane cantautore scozzese ha dimostrato di trovarsi perfettamente a proprio agio sul palco, sia a mani vuote, spesso piegato in due sul microfono, sia accompagnandosi con l’acustica, e di padroneggiare con una certa sicurezza la sua voce tutt’altro che banale. Nell’ora e mezza di set, affiancato da ben 8 musicisti (oltre a chitarre, basso e batteria, c’erano anche tastiere e soprattutto sax e trombe ad arricchire il supporto sonoro), ha attraversato i suoi due album, “These Streets” - uscito nel 2006- ed il recente “Sunny Side Up”, riproponendo le canzoni che lo hanno portato al successo come “Jenny Don’t Be Hasty”, “New Shoes”, “Loving You” e “Last Request” e presentando i nuovi pezzi fra i quali l’iniziale, quasi reggae e divertente, “10 Out Of 10”, l’intensa “Tricks Of The Trade”, “Coming Up Easy” ed il singolo “Candy”. Nutini è passato con disinvoltura e buona resa attraverso le due/tre anime della sua musica, quella più intensa acustica, quella più swing/rock retrò e quella più scherzosa (come in “Funky Cigarettes”, da lui stesso definita silly), riuscendo ora a fare ballare ed ora a fare baciare il numerosissimo (e davvero eterogeneo, anche a livello di età) pubblico presente.
Ed alla fine è questa l’unica cosa che conta. Che ci fosse parecchia gente, che sia uscita contenta e che probabilmente tornerà a sentirlo la prossima volta.
Articolo del
30/11/2009 -
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