|
Andare ad un concerto dei Deep Purple significa essere presenti ad una lezione importante dell’Università della Musica, Facoltà dell’Hard Rock... Sono un mito, sono una leggenda vivente e sono in splendida forma, malgrado l’età. Dietro il sorriso e l’energia positiva di Ian Gillan, voce solista, c’è tutto un mondo fatto di good vibes e di relazioni semplice e vere, c’è il credo di un uomo che ha vissuto la parte migliore degli Anni Settanta, e ne vive. Con lui Roger Glover, al basso (i due sono anche parenti fra loro, hanno sposato due sorelle) e l’immarcescibile Ian Paice alla batteria. Sono loro tre i membri originali della band, quelli rimasti, quelli che hanno resistito a tutto, ai cambiamenti, alle crisi, alle nuove mode culturali, quelli che – per mantenere vivo il nome e il prestigio del gruppo – hanno preteso sostituti degni, come Steve Morse, il virtuoso della chitarra elettrica, che anni fa ha preso il posto di Ritchie Blackmore, e come Don Airey, alle tastiere, anche lui un vero talento, che ha sostituito Jon Lord.
Il PalaLottomatica è tutto esaurito, sono tantissime le persone che affollano il parterre e le tribune in attesa dei loro idoli. Gente con i capelli brizzolati, è vero, ma spesso con adolescenti al seguito, giovani leve dell’Hard Rock venute a controllare di persona che cosa alberga nelle menti dei loro padri, dei loro zii, dei loro pro cugini, quale follia li tiene in vita! Si parte subito alla grande con “Highway Star”, un pezzo tratto da “Machine Head” del 1972, un vero cavallo di battaglia del gruppo, un brano che fa subito sobbalzare dalle sedie. Guardo con tenerezza un ragazzo scatenato, intento a scattare foto, ma impossibilitato a stare fermo, trema tutto, balla come un indemoniato, ciò nonostante clicca a raffica, senza mai centrare il palco. Grandissimo! Gli ultimi dischi dei Deep Purple sono piuttosto lontani, ma loro hanno tanto di quel repertorio (ben diciotto album in studio) che possono variare la scaletta ogni sera. Si procede con brani come “Things I Never Said” e “Maybe I’m A Leo”, dove l’hard rock si mescola con il blues e la chitarra di Steve Morse svetta su tutto. Ascoltarla è un piacere sopraffino. Ecco un altro pezzo per cui perdere la testa: “Strange Kind A Woman” con un refrain indimenticabile che spiega i pensieri semplici di un uomo verso la donna che ama “I want you/ I need you”, ripetuti in coro da tutto il pubblico. Un momento di riflessione, il primo, da “Perfect Strangers”, una super ballad da brividi, “Wasted Sunsets”, con la voce di Ian Gillan che finalmente è diventata più calda, si è assestata, carbura a dovere. Molto bella anche l’esecuzione di “Rapture Of The Deep” là dove i Deep Purple citano i Led Zeppelin esotici e orientaleggianti di “Kashmir”, una vera e propria “palla infuocata” si rivela invece “Fireball”, che mi ricorda i primi anni del liceo. Uno straordinario assolo di chitarra elettrica del gigantesco Steve Morse precede poi “Sometimes I Feel Like Screaming” una ballata super melodica tratta da “Perpendicular”, dove il miagolio della chitarra di Morse duetta con l’ugola di Gillan. E ancora “Mary Long”, una sorpresa, un vecchio brano tratto da “Who Do We Think We Are”, un album del 1973. Un altro assolo, questa volta tocca a Don Airey, alle tastiere, che ci fa vedere questo mondo e quell’altro, prima di lasciarsi sedurre dall’ingresso della chitarra di Steve Morse e lasciare lo spazio ad una lancinante versione, sapientemente bluesata di “Lazy”, un pezzo straordinario, come sempre! La gente è in delirio, la band è consapevole di tanto affetto, e ringrazia, offre il meglio di sé, “No One Came”, altra sorpresa, che precede gli esiti drammatici di “The Battle Rages On”, un hard rock corposo e di grande risonanza epica. Un altro momento lasciato a Steve Morse che si ripresenta in solitudine con “Well Dressed Guitar”, prima di fare spazio alle note cadenzate e potenti di “Space Truckin’”, con il PalaLottomatica che quasi viene giù dalle zampate che sferriamo anche noi, animali assetati di Hard Rock!
La serata non poteva finire senza aver goduto dell’esecuzione di “Smoke On The Water”, un classico hard rock di tutti i tempi, un brano consegnato a scuola, in prima elementare, insieme all’ abbecedario !!! E’ il diluvio, vedo gente felice, mi basta. Pensavo ad alcuni brani che avrei voluto fossero in scaletta, non importa, tanto loro hanno in programma altri tour nel 2010 nel 2011... I DP tornano per regalarci un altro classico, la cover version di “Hush”, di Billy Joe Royal, e un’esaltante “Black Night” che fa ballare tutto il PalaLottomatica. Alla fine anche Ian Gillan è commosso per l’accoglienza ricevuta, e non fa che ripetere “Unbelievable”, “You are Unbelievable”, prima di sparire nel backstage.
Un concerto memorabile, per nulla annacquato, una lezione di storia dal vivo, altro che Cimitero degli Elefanti, questa è musica vera, altro che dee jay set qui si fa sul serio, si suona, si suda e quello che esce dalle chitarre dei Deep Purple favorisce pure la regolare circolazione del sangue nel corpo… E’ una medicina, capito? Yeah!
(Si ringrazia Chiara Iacobazzi per la gentile concessione della foto di Steve Morse in azione al PalaLottomatica)
Articolo del
16/12/2009 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|