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Il gelo e l'umidità della prima notte di prossimo inverno romano non invogliavano. Solo l'effetto di sperimentare il superamento dei quasi zero gradi, fuori dal Branca verso l'una, con il calore delle vibrazioni di Sascha Ring aka Apparat e del suo giro ci hanno spinto, alla fine: e ne è valsa altamente la pena!
E che la buona nottata si veda dall'avvio è cosa risaputa: entri e sei accolto da tre panda formato gigante, ovattati e saltellanti nella prima sala di ristoro dei post-moderni chierici vaganti delle notti che chiedono ospitalità al Branca. E allora, solito negroni anche se troppo ghiacciato, facciamo ingresso nell'oscuro tempio danzereccio dove il dj-set di Donato Dozzy già scalda sapientemente gambe e teste delle moltitudini vocianti, da cui strappi frammenti di chiacchiere: “fatta questa iniziamo a divertisse!” e “damme retta che staserata 'sti 15 euri li vale tutti!” (riferimento ai 5 euro in più rispetto alle tradizionali serate del Branca; ma sempre largamente al disotto della media del peggiore sabato notte romano!). Intorno sprazzi di cangianti paillettes e lustrini, occhiali fluo e sorrisi esaltati, canottiere estive e cappucci di felpe metropolitane: è il multiforme e irriducibile stile delle ballerine e dei ballerini di questa enclave indipendente al conformismo omologante delle mode imposte.
Intanto, nell'ombra, Apparat e Daniel Meteo, infagottati in cappelli e giacconi, montano i loro laptop Mac argentei, sulla consolle alla destra di Dozzy. Poco dopo l'una e mezzo entrano in campo. Ai lati i due schermi rimandano immagini sincopate, vivide e lisergiche. Sembra un'affiatata coppia di amici, burloni e divertiti, Apparat e Daniel Meteo: attaccano subito con cassa dritta e bassi profondi. Fomentano la folla plaudente a suon di beat, oscillando tra suoni elettronici che evocano inserti à la Kraftwerk (il tocco di Sascha, di sicuro) e richiami alla jungle con scatenati cori tribali (qui pensiamo più Daniel Meteo e le sue basi roots). I due si rincorrono, Apparat gioca di riverberi, spezza il tempo, rumoreggia in glitch di sottofondo; Daniel Meteo rimanda bassi cavernosi e sembra tenere la barra su sonorità più dance oriented. È un susseguirsi di crescendo che le onde danzanti sotto il palco accolgono a braccia aperte, sotto fasci di luce bianca, accecante, che si insinua nel buio della pista. Poi dopo le tre, così ci pare, ma la percezione temporale è sicuramente alterata, si apre la parentesi più propriamente gestita da Sascha Ring aka Apparat. C'è una eco lontana di celestiali tastiere che si apre un pertugio tra i beat più sincopati: Apparat rimane da solo dietro al laptop e il suono purissimo di archi si incunea tra trame minimaliste in loop e il battito rotondo della cassa. Sono armonie sinfoniche sintetiche; l'estasi di suoni celestiali e il battito che incalza, ma ti fa ondeggiare a mani alzate sottocassa. E come spesso accade dinanzi alle performance di questo curioso trentenne originario della Germania orientale sembra di essere sospesi tra le dimensioni musicali della stanzetta di un adolescente solitario alla ricerca della melodia purissima e i sottofondi di affollati e fumosi locali berlinesi, dove l'electronica dell'ultimo ventennio viene ripensata e poi ballata. Puoi sentirci le tastiere imponenti e malinconiche à la Your Silent Face dei New Order, come passaggi figli di un Aphex Twin più pop. Questa zona di temporaneo smarrimento sensoriale coinvolge le teste e le braccia delle prime file, persi in mulinelli e danze, ma fa un po' spazientire chi brama il ritorno alla cassa pesante. E così avviene, dopo neanche mezz'ora. I nostri rientrano nei ranghi più tradizionali del battito per dancers che vogliono albeggiare. Le sonorità sono ora più “coatte”, come direbbero i miei amici puristi della cassa storta e oscura.
Sono oramai le quattro e il vostro non più pischello reporter approfitta per tornare nel gelo della notte, che pare incredibilmente più mite: calorifero effetto di Sascha Ring & co.? Si rimane con la conferma delle prove live di Apparat, oramai di casa qui a Roma. E si programmano le prossime nottate, verso il primo ventennale del Branca, con il genio di Murcof che intanto ci aspetta il 16 gennaio: sempre qui, ancora più oscuro e sinfonico, immaginiamo. Lunga vita al Brancaleone e all'elettronica che diffonde: dai '90 di Agatha, agli anni '10 che verranno!
Articolo del
23/12/2009 -
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