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Trovare l’ingresso dell’Alcatraz non è difficile: basta seguire le tracce di piscio contro i muri. Più sono frequenti più siamo vicini. Ci sono poi degli energumeni barbuti in kilt che passeggiano tranquilli birra alla mano. Siamo nel posto giusto.
Ci sono i Dropkick Murphys e la serata si annuncia rovente. Faccio il mio ingresso trionfale verso le nove, quando i Mahones hanno già dato e i Sick Of It All stanno scaldando brillantemente una platea già nutrita che poga al grido di “let’s go Murphys! ”. Divertenti, niente da dire, sanno il fatto loro. Mi defilo e preparo l’assalto alle prime posizioni. Penso anche che con sei euro per ogni media, stasera questi dell’Alcatraz si siano garantiti la pensione. Preparo la schiena e mi pento di non aver portato le protezioni dei miei vecchi rollerblade.
Alle dieci salgono i Dropkick: prime scosse. Famous For Nothing, The State Of Massachusetts, Johnny, I Hardly Knew Ya. Nelle prime file c’è solo da lasciarsi andare cercando di non finire sotto i piedi di qualcuno. Dopo quattro pezzi (il quarto è Flannigan's Ball) penso che forse è meglio se faccio qualche passo indietro e mi ributto nella mischia più tardi. Non c’è pausa che tenga, nemmeno uno stacco e pochissime parole. Sunshine Highway. Si lascia spazio alla musica e alle cornamuse, al punk e alle chitarre. Let’s go Murphys. Vedo uno che sfida il pogo sfoderando una birra a centro platea. La birra dura pochissimo, lui ancora meno. A metà concerto si tira il fiato, ma se il palco tace la platea non si ferma mai. Un mare in tempesta, The Warrior's Code. Ogni tanto qualcuno ti passa sulla testa e va a farsi un giro sul palco. Tutto normale. Fatico a distinguere un pezzo dall’altro: volano scarpe e cellulari, brandelli di vestiario e quelle che credo essere protesi. Eppure ti guardi in giro e sorridono tutti. La rissa non si placa nemmeno sui momenti più acustici: gli sbronzi cantano, gli irriducibili pogano, tutti gli altri si divertono. The Dirty Glass (featuring Stephanie Dougherty). Un’ora e venti irresistibile che scivola senza un intoppo, i Murphys sono delle macchine da palco. Dedica alle donne in sala per il finalone con Kiss Me, I'm Shitfaced: tutte sul palco. Un gran bel vedere. Al grido di ollellè, ollallà (eccetera) si chiude la prima parte del set. Se c’è qualcuno ancora integro, alzi la mano. Pausa minima, let’s go Murphys.
Rientro che fa esplodere definitivamente l’Alcatraz. Come se prima fosse stato tutto tranquillo, dico io. I'm Shipping Up To Boston. Anche quelli che sono venuti esclusivamente per questa hanno avuto il loro. Li riconosci perché tentano di sfondare le prime linee e conquistare le transenne solo all’ultimo momento. Fanno quelli che si preservano... Nel frattempo davanti si scivola perché il pavimento è coperto da due dita di sudore. Altre cornamuse, Skinhead On The MBTA. Il palco comincia a popolarsi di tutti quelli che riescono a salire. Saltano, pogano, vomitano a fianco della batteria. E si ride di gusto. Non c’è più spazio per nessuno quando attacca Boys On The Docks. E intanto i Dropkick continuano a suonare imperterriti alla perfezione, in questo bagno di folla che li avvolge. Bandiere irlandesi, birra e punk: let’s go Murphys! Non vi ferma nessuno.
SETLIST:
Famous For Nothing The State Of Massachusetts Johnny, I Hardly Knew Ya Flannigan's Ball Sunshine Highway Heroes From Our Past Bastards On Parade The Spicy McHaggis Jig Echoes On "A." Street God Willing Buried Alive Surrender The Auld Triangle The Warrior's Code Citizen C.I.A. Fields Of Athenry Captain Kelly's Kitchen The Gauntlet The Dirty Glass (feat. Stephanie Dougherty) Forever Worker's Song Love & Family Barroom Hero Kiss Me, I'm Shitfaced
I'm Shipping Up To Boston Skinhead On The MBTA Boys On The Docks
Articolo del
29/01/2010 -
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