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Venerdì 12 febbraio al Teatro La Fenice di Senigallia è andata in scena l'Orchestra di Piazza Vittorio con il suo “ri-arrangiamento” del Flauto Magico di Mozart. Dato che questa è una recensione del concerto, non starò qui a sindacare sul cosa abbia spinto Mario Tronco, ideatore e organizzatore, a creare “questa novità”. Sì, lodevole l'impegno di creare un' orchestra multietnica, di cantare in almeno sei lingue differenti, ma poi?
Le idee, a mio avviso, non vengono sviluppate come dovrebbero. Tralascio il discorso del narratore di colore che scimmiotta un napoletano incomprensibile, perché i gusti sono gusti, ma la storia che fa da filo conduttore non regge: manca un foglio di sala, o quanto meno le traduzioni di quello che cantano i diversi personaggi, perché l'opera viene rivisitata e la trama si fatica a seguire, e le immagini proiettate non sono esplicative. L'esecuzione dei musicisti, se quella doveva essere, è stata impeccabile, ma non posso dire altrettanto dei cantanti, alcuni proprio senza voce che si cimentavano con melodie e tonalità al di sopra delle loro possibilità vocali. Dispiace per Petra Magoni, ottima artista, che ieri non ha brillato nell'esecuzione, e l'aria della Regina della Notte non era nelle sue corde.
Dispiace perché le idee ci sono, anche quella di usare strumenti etnici, come le tabla, il cavaquinho, le congas, la kora, il dumdum, il sabar, ma se tutto non viene sviluppato si resta un po' con l'amaro in bocca di quello che poteva essere e non è stato.
Articolo del
28/02/2010 -
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