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In caso di debutto, le regole per quanto riguarda i live sono solitamente due. La prima: proporre l’album in questione seguendo la scaletta originale, una presentazione standard che sebbene di basso profilo non lascia quasi mai dubbi. La seconda: ribaltare la scaletta per costruire un set diverso, magari inserendo qualche b-side, cover o inedito. Di certo più intrigante, ma altrettanto rischiosa.
Per quanto riguarda i White Lies di scena all’Alcatraz siamo nel secondo caso. I pezzi del set sono tre in più rispetto a quelli di To Lose My Life, e per l’esattezza Taxidermy, già sulla versione 7 pollici del singolo To Lose My Life, You Still Love Him, b-side del singolo Unfinished Business e una cover dei Talking Heads, Heaven. Tre pezzi che si inseriscono in un set che inizia poco prima delle dieci - dopo l’apertura dei nostrani Merci Miss Monroe - con Farewell To The Fairground: esattamente quello che serve a Harry McVeigh e compagnia (i White Lies si presentano a Milano in formazione a quattro con, oltre al frontman, Cave al basso, Lawrence-Brown alla batteria e Tommy Bowen alle tastiere) per dare il giusto incipit ad un concerto interessante e soprattutto caratterizzato da un sound pieno che per una volta rende giustizia a cotante potenzialità. Basso e batteria ce la mettono tutta per stanare gli entusiasmi della platea milanese, a dire la verità fin troppo algida in rapporto ad un set di questo tipo. Ci sarebbe da saltare, battere le mani e farsi valere nelle prime file, ma a quanto pare non è del tutto serata e forse il pubblico dei White Lies non è di quelli che si possono concedere di strafare. Ad ogni modo la partenza è molto buona e fa piacere vedere che i singoli vengono ben dosati all’inizio, a metà e a fine del set. To Lose My Life fa la sua comparsa dopo cinque pezzi più che convincenti proprio quando c’è bisogno di smuovere le acque. McVeigh si scusa per il contrattempo patito a novembre che non permise alla band di esibirsi. Scuse accettate e avanti fino alla fine. Ci vuole meno di un’ora per arrivare alla conclusione della prima parte, con le ottime Fifty On Our Foreheads e Unfinished Business che confermano quanto di buono c’è nei White Lies, una band che non ha scoperto niente di nuovo (no, non ci siamo dimenticati dei Joy Division, Echo And The Bunnymen, Jesus And Mary Chain, dei più recenti Interpol e via dicendo), ma che ha messo comunque in piedi un meccanismo che funziona a dovere. In altre parole quello che si dice una “bugia a fin di bene”, una white lie appunto.
La pausa prima del rientro è breve e i pezzi rimasti sono tre. Il primo è, come ho già accennato, la bella cover di Heaven dei Talking Heads che spiana la strada a From The Stars prima del finalone. Gli White Lies non sono dei fenomeni, sanno perfettamente che tenere il meglio per la fine equivale a garantirsi pubblico almeno per i prossimi cinque anni. E Death è il pezzo perfetto per mostrare di che cosa possono essere capaci i tre londinesi: fuoco e fiamme “alla Killers” sul palco, basso, batteria e chitarra tarate al massimo e chiusura in un crescendo innegabilmente travolgente.
Abbandono l’Alcatraz con maglietta al seguito, soddisfatto per un buonissimo concerto, avvolgente e diretto come da copione, che ha messo in luce il meglio di una band che sebbene evidentemente acerba, è comunque già in grado di farsi valere tenendo alto il livello di aspettative per il futuro. Bella serata davvero.
SETLIST:
Farewell To The Fairground Taxidermy E.S.T. The Price Of Love You Still Love Him To Lose My Life A Place To Hide Fifty On Our Foreheads Nothing To Give Unfinished Business
Heaven From The Stars Death
Articolo del
20/02/2010 -
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