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Mettere insieme poesia e musica di un gigante assoluto come Leonard Cohen non è affatto semplice, ancor meno è riuscire ad ottenere un senso di coesione fra le due cose. Stasera il Circolo degli Artisti insieme a 42 Records e Minimum Fax accettano questa sfida lanciando Stranger Music, reading/concerto in onore del buon vecchio Leonard.
Il prezzo del concerto garantisce un libro a scelta fra “Confrontiamo allora i nostri Miti” e “L’Energia degli schiavi”, sullo stand è in vendita anche “Le spezie della Terra”, l’ultimo della serie dedicata al musicista. La temperatura della serata è piacevole, mi attardo in attesa di un’amica ed entro in sala un po’ in ritardo perdendo l’esibizione di Modì, ma non manco Emidio Clementi, calato perfettamente nell’atmosfera mentre inanella una serie di poesie da urlo. Lui, come sempre, è apparentemente freddo e immobile fuori, la sua voce, invece, irrora le nostre vene con la sua calda profondità. Poco dopo è la volta degli Albano Power che eseguono “No Way To Say Goodbye”: onestamente li trovo abbastanza lenti e sottotono, dai commenti in sala non sono l’unico a pensarla cosi. La scaletta prevede poi Damiano Abeni che, a differenza di Mimì, appare più formale nel reading, anche se le poesie scelte (“Nacy” e “Voglio abbracciare una donna”) e la sua simpatia tendono a colmare questo gap di recitazione. Abeni si trattiene sul palco per un periodo più lungo mentre si attende che l’ottimo The Niro sia pronto. Voce e chitarra acustica accompagnano “One Of Us Cannot Be Wrong” e l’intensa “Allelujah”, in versione buckleyana, che strappano un applauso prolungato. Poi è la volta di Giancarlo De Cataldo, accolto calorosamente dall’audience; la selezione da lui scelta (“Travestimenti”, “Un aquilone e una vittima”) esalta gli ascoltatori rapiti, subito dopo, dai Wessel. La band sprofonda la serata in un’atmosfera lenta e onirica, la psichedelia, governata dal suono costante del basso, saturo e caldo, ammanta i brani scelti snaturandoli tanto da renderli praticamente irriconoscibili ai più. “Suzanne” e “I’m Your Man”, risultano oscure e minacciose come se fossero suonate dagli Amon Duul. Chiude la serata il buon vecchio Paolo Benvegnù che, fra un mal riuscito, a suo dire, tentativo di accordare la sua capricciosa chitarra e qualche esilarante battuta su Sanremo, innalza il livello della serata coinvolgendo i protagonisti in una jam finale che mette d’accordo proprio tutti.
Ottima la riuscita di questa serata, sospesa in perfetto equilibrio fra musica e parole.
Articolo del
21/02/2010 -
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