“Dove vorresti andare tu?! Al concerto di MARILYN MANSON?? Quel pazzo degenerato, satanista… Ma non se ne parla proprio… Toglitelo dalla testa!”
Quante volte ed a quanti adolescenti sarà capitato di sentir pronunciare queste parole, o qualcosa di simile, dalla bocca dei propri genitori? Per non parlare di tutti i facili, anzi, facilissimi accostamenti che vengono fatti tra il rocker statunitense ed i più drammatici fatti di cronaca. L’esempio più rilevante è senza dubbio quello di Columbine, la ricerca del sensazionalismo rese certamente più comodo incolpare Marilyn Manson e le sue istigazioni alla violenza, piuttosto che far aprire un’inchiesta, al fine di indagare sul perché dei liceali fossero sotto l’effetto di crack e avessero dei mitra tra le loro braccia pronti a far fuoco dentro una scuola. Un capro espiatorio designato, un perfetto generatore di moventi, un minimo comun denominatore di disagi adolescenziali che portano a degenerazioni estreme. Come sempre la strada più comoda è quella del qualunquismo e della facile associazione d’idee. Tanto alla fine la croce, che mi venga passato l’accostamento quanto mai blasfemo, cade sempre sulle spalle tatuate della rockstar più discussa e chiacchierata dell’ultimo decennio: Marilyn Manson o, per i fan, il Reverendo. Ma cosa c’è dietro questa specie di demone, spauracchio per i genitori e gli educatori di tutto il mondo? Tramontata una figura come quella di Alice Cooper, la scena musicale necessitava di qualcuno che fosse in grado di shockare nuovamente la società, mettendo a ferro e fuoco i principi dell’etica e della morale. Il personaggio “Marilyn Manson” fu costruito ad arte, con il preciso scopo di essere odiato e discusso dalle masse, un autentico anti-eroe. La ricetta del successo, fatta di inni alle droghe, evocazioni sacrileghe ed istigazioni alla violenza, fu applicata nei primi anni 90 da Brian Warner, all’epoca ventenne giornalista rock statunitense cresciuto in una famiglia molto religiosa, appartenente alla chiesa episcopale. Quando fu completo e pronto per essere presentato al pubblico, il nuovo “Frankenstein” dello showbusiness non tradì le attese, creando un numero di scandali tali da renderlo più che famoso... famigerato. Alla fine però qualcosa non torna. Personalmente i primi dubbi sulla “malignità” di Marilyn Manson sono cominciati a sovvenirmi dopo un episodio, l’intervento della stessa rockstar nel documentario Bowling A Columbine. Nella pellicola di Michael Moore il Reverendo fu chiamato a fare una dichiarazione in merito alla strage che fecero quei liceali nella loro scuola e della quale Manson fu, come gia detto in precedenza, accusato di esserne l’ispiratore. Dalle parole di Manson “Ascolterei cosa hanno da dire quei ragazzi, cosa che finora non ha fatto nessuno…” capii che forse c’era qualcosa che andava letto tra le righe dei testi dell’Antichrist Superstar e non credo di essermi sbagliato. A sostegno di questa tesi cito il romanzo di Truman Capote “A sangue freddo” nel quale viene sviluppata proprio una ricerca delle cause e dei moventi inconsci che indussero due assassini a sterminare una famiglia. L’autore nell’indulgere in un’analisi così approfondita (circa 400 pagine) non voleva certo minimizzare le responsabilità o trovare attenuanti, bensì il suo scopo consisteva nel fare emergere quei segnali che consentissero l’individuazione del pericolo e quindi prevenire o meglio scongiurarne il tragico epilogo, contestualizzando l’ambiente sociale nel quale si sviluppano le follie omicide e non puntando il dito contro qualcuno al grido “bruciamo la strega”!. Dopo un’accurata lettura giunsi ad alcune conclusioni: dietro a quelle etichettate come istigazioni alla violenza vi sono in realtà delle profonde denunce alla cultura delle armi che regna nell’iper-perbenista America. Inoltre non esiste alcuna vera esortazione all’uso di stupefacenti da parte di Manson, viceversa una condanna verso chi, con messaggi subliminali attraverso i mezzi di comunicazione, induce subdolamente i giovani a ritenere che le droghe li renderanno delle star. Perfino l’accostamento con il demonio perde di significato, visto e considerato che il culto del “satanismo”, del quale Manson è stato nominato Reverendo, addirittura nega l’esistenza del diavolo e si basa in realtà sul “culto di se stessi”, una concezione prettamente filosofica di “Anticristo” molto simile quindi a quella nietzscheana.
Cercando di mettere da parte l’ipocrisia borghese; sarà lecito supporre quale sia la vera provocazione...
Oggi a mettere in guardia i giovani sulle insidie del mondo e denunciare i mali della società dovrà essere proprio un “ mostro” come Marilyn Manson?
Articolo del
04/03/2010 -
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