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Serata primaverile in quel di Roma per l’arrivo di Francisco Mela con la sua carica di simpatia e ritmi impazziti. Il drummer, diplomato in musica classica e percussioni, è uno fra i più promettenti artisti della nuova scena americana. Stasera è accompagnato, come sottolinea più volte durante la serata, dal “Cuban Safari Trio”, composto da Ettore Villafranca al piano e Luques Cortes al contrabbasso.
I concerti alla Casa del Jazz iniziano sempre puntuali, pochi minuti dopo le 21.00 Mela guadagna il palco presentando il suo progetto in un guazzabuglio di italiano, spagnolo e inglese. La sua simpatia è contagiosa, finite le parole in un attimo ci ritroviamo immersi nel suo canto, omaggio alle origini cubane, mentre le sue mani iniziano a creare quel tappeto sonoro che servirà, di li a poco dopo, a sostenere la struttura dell’opener. Raggiunto, con calma, dai suoi due fidati accompagnatori Francisco parte per un lungo viaggio attraverso il jazz del futuro, una nuova eccitante sfida di colori che si mischiano fra loro, di generi che si rincorrono creando un caleidoscopio di sensazioni pulsanti. È davvero impressionante la tecnica di questo “ragazzo”. La batteria sembra non avere segreti per lui, percuote le pelli con eleganza, andando a cercare suoni delicati e altri tronituanti. Il suo sorriso, stampato sul volto, è il simbolo di Cuba, del suo calore, della sua vitalità. I tre si guardano di continuo, sono un gruppo relativamente giovane, con molta voglia di suonare e capacità stupefacenti. La poliritmia incontra la polietnia rappresentata dalla special-guest della serata, la diciottenne Grace Kelly, di origini coreana ma americana a tutti gli effetti. È lei, al sassofono, la rivelazione assoluta stasera. Il trio delle meraviglie si trasforma in un quartetto poliedrico, capaci di spaziare dal jazz più intricato a lente ballate, Maria, dalla ritmica soffice, suonata in sordina, un gesto d’amore dedicato da Francisco alla propria madre. Si riparte su ritmici indiavolati, ogni musicista viene chiamato in causa producendosi in soli di estrema raffinatezza, mentre i quattro, insieme, sono come la meccanica svizzera di un orologio di precisione. La band non ha nessuna paura di improvvisare, forte di una tecnica superiore, questo spettacolo toglie il fiato come la spinta che ti attacca ai sedili durante il decollo. Non c’è tempo per respirare, mani e piedi di chi mi sta vicino si muovono come impazziti. Tutta la serata è accompagnata da continui e lunghi applausi. Grace Kelly aggredisce il suo sax inserendosi fra l’ottimo fraseggio di Ettore Villafranca, talentuoso pianista che si muove a suo agio in vari contesti, e quello di Cortes, attento a sostenere Mela, mentre si lancia in soli efficaci e potenti. Ma sono i continui cambi ritmici, al limite dell’impossibile, a stupire, si va da controtempi a ritmi composti con una facilità imbarazzante. Le accelerazioni brucianti fanno parte di un concentrato di musicalità, un universo percussivo ammaliante, Mela è un uomo cerniera che unisce, e confronta, scuole diverse. La fusione della musica contemporanea con il jazz trova piena espressione nella musicalità di questo poderoso batterista. Su tutte si devono citare Terra De Fuego, mutuata dal nome di una storica band gli Earth Wind And Fire, e Afro Music, potentissimo crescendo composto di pattern ritmici alla nitroglicerina. Trentaduesimi e sessantaquattresimi, sui tom, si susseguono in un pirotecnico gioco fra crash e ride, a volte accarezzati altre frustati con violenza.
Come in tutti i live, guidati da un batterista, ci si ritrova travolti da ritmi indiavolati. Grande dimostrazione di una superiorità schiacciante.
(Si ringrazia Roberto Panucci per la foto di Francisco Mela gentilmente concessaci)
Articolo del
05/03/2010 -
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