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Il trionfo della chitarra blues. Questo il contenuto di una serata ad alto potenziale elettrico che si è svolta all’interno della Sala Sinopoli dell’Auditorium di Roma. Il luogo era gremito in gran parte da “reduci” degli Anni Settanta, ma non mancavano rappresentanti delle giovani generazioni, pronti a fare un percorso a ritroso alla ricerca di good vibes e della purezza del buon vecchio blues.
Apre la serata Eric Sardinas, chitarrista rock blues americano, originario della Florida e formatosi musicalmente grazie all’ascolto dei grandi del Blues del Delta, gente come Bukka White, Muddy Waters ed Elmore James. Più recentemente si è unito alla casa discografica di Steve Vai, con cui ha collaborato anche nelle sue ultime produzioni discografiche. Mr. Sardinas, 40 anni, si presenta con un classico trio rock blues e, dopo alcuni iniziali arpeggi acustici, comincia a far scorrere note potenti e veloci dalla sua chitarra elettrificata. La sezione ritmica picchia a dovere (forse troppo, in alcuni momenti finisce con il coprire il suono della chitarra) mentre lui ci regala una miscela di brani tratti dai suoi tre album, in particolare da Treat Me Right, l’ultimo in ordine di tempo. Risultano molto coinvolgenti brani come Down To Whiskey e I Can’t Be Satisfied, così come l’eccellente Hellhound On My Trail, una cover tratta dal repertorio di Robert Johnson, il padre dei chitarristi blues di tutti i tempi. Sul finale This Town e una splendida As The Crow Flies, già di Rory Gallagher, confermano il talento di un Eric Sardinas, interprete forse non geniale, ma di certo eccellente esecutore del paradigma di un rock-blues di settantiana memoria, ma che affonda le sue radici ai primi anni Trenta.
Intorno alle 22,00, preceduto da una eccellente jam session del suo gruppo entra finalmente in scena John Dawson Winter, detto Johnny Winter, la leggenda vivente del Blues bianco, texano, albino, 66 anni, seguace di Jimi Hendrix, collaboratore di Muddy Waters, di Willie Dixon, di Mike Bloomfield, di Rick Derringer e di altri grandissimi personaggi del blues. La sua perfetta mescolanza di Blues e Rock and Roll ha fatto epoca e il suo guitar work, diventato celebre a partire dal Festival di Woodstock, è stato di scuola e di esempio a molti giovani musicisti moderni. Johnny Winter ha risolto i suoi problemi derivati dall’abuso di alcool e di droga, ma è magrissimo, è un po’ incerto sulle gambe, ha problemi alla schiena, oltre ai già noti problemi di vista e - quando sale sul palco - dimostra molto più della sua età. Ma quando poi si siede ed impugna la sua chitarra... beh, lo scenario cambia all’improvviso, si capovolge, le sue dita si muovono velocemente e fanno uscire dallo strumento note tanto veloci quanto precise! Il pubblico non attendeva altro, è pronto ad applaudire, ad andare in visibilio non appena riconosce il suo eroe, il suo mito! La scelta dei brani è molto personale, resta fuori Johnny B. Goode, e ce ne dispiace, ma ritroviamo un classico come la splendida Good Morning Little School Girl, una cover molto ben riuscita del brano di Sonny Boy Williamson. In repertorio anche It’s My Life Baby, Don’t Take Advantage Of Me e la sua superba riedizione di Highway 61 Revisited di Bob Dylan. Johnny Winter alterna blues infuocati come Turn Down e Black Jack a dei boogie woogie assolutamente incalzanti, ci racconta di hobo e di altri personaggi di un’America che non c’è più, canta di amori che finiscono e - ad un certo momento - ripropone a sorpresa la sequenza iniziale di Captured Live, il suo storico imperdibile album dal vivo. Ed allora le note di Bony Moronie e di It’s All Over Now ci entrano nella testa fino a perforare le nostre cervella, e godiamo beati pur se ristretti nell’ambito di una poltrona... Forse sarebbe stato meglio ascoltare Johnny Winter in un locale, accanto ad un bicchiere di birra, ma va bene lo stesso! Ecco che arriva un tributo a Jimi Hendrix con la sua invidiabile esecuzione di Look Over Yonder e - poco prima della fine - una mirabile session con Eric Sardinas che ritorna in scena per salutare il maestro.
Una serata imperdibile, da non dimenticare, una musica che si mescola al sangue che scorre nelle vene, una musica che diventa vita, che comunica vibrazioni positive e rende migliori le persone.
(La foto di Johhny Winter in concerto all'Auditorium di Roma è di Giancarlo De Chirico)
Articolo del
09/03/2010 -
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