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Sinceramente? Credevo di trovare più gente per Imogen Heap. Voglio dire, è una che tra carriera solita e Frou Frou ha sfornato singoli arcinoti, da It’s Good To Be In Love a Hide And Seek. E invece no, il Magnolia non è vuoto ma siamo ben lontani dal tutto esaurito. Amo il circolo milanese, ma forse una location come il Tunnel per dirne una, sarebbe stata più adatta al genere, meno dispersiva e senza il problema del riscaldamento che fa troppo rumore e della gente che va e viene. Ad ogni modo la modesta partecipazione è uno spunto di riflessione abbastanza interessante: ci sono i singoli, la notorietà pop, ma alla fine chi va al concerto sono quelli che amano la sostanza. Imogen Heap è esattamente questo, un incontro affascinante di pop ed elettronica che si contaminano in una continua sperimentazione. Per chi non si fosse ancora convinto della bontà di questo connubio, consiglio di dare un ascolto più attento a Speak For Yourself del 2005: molto più di quello che sembra. Ed Ellipse è il degno seguito, anche se forse un po’ meno tirato, più rarefatto.
Il set del Magnolia è aperto da Back Ted N-Ted, un ragazzo che ama l’elettronica ma non disdegna qualche scappatella dance e sa tenere il palco a dovere. Un’apertura per una volta più che azzeccata. Imogen attacca alle undici e dieci. Mi aspetto un set di poco più di un’oretta e invece quello che ricevo sono quasi due ore di musica, e che musica. Imogen Heap è una persona squisita. Ama stare sul palco, scherzare, interagire e prendersi poco sul serio. Ed è un piacere perché sembrerà strano, ma quando chiede il silenzio, gli si vuole dare retta, e anche i pezzi più malinconici risaltano in questo mare di allegria. La ragazza londinese ama sperimentare, l’ho già detto. Sul palco regge la scena a volte da sola, all’ombra di un piccolo albero di legno coperto di luci, a volte accompagnata da tre musicisti, tra cui il rosso Back Ted N-Ted. Perché va bene campionare, registrare e avere microfoni anche sui polsi: chi fa da se fa per tre. Ma è anche vero che per ricreare il sound giusto una mano non si rifiuta. Come ho detto il set è di quasi due ore. Si chiacchiera e si ride. C’è chi dalla platea si dichiara ripetutamente scatenando l’ilarità generale, chi è fin troppo preso a viaggiare e non sente che il suono dal palco.
La scaletta prevede Ellipse quasi nella sua interezza (davvero ottima Canvas), più qualche pezzo da Speak For Yourself, su tutti Headlock, e un paio di parentesi Frou Frou (It’s Good To Be In Love e Let Go). Scenette pop che si alternano a staccate sintetiche aggressive tanto da far tremare le casse. C’è tutto quello che uno vuole sentire e vedere. Spettacolo e buona musica condotti da una persona deliziosa. E passi pure la routine di aneddoti che probabilmente recita ogni sera allo stesso modo: ci sentiamo comunque un po’ speciali. Imogen racconta come ha partorito quel pezzo dopo una cena vegetariana andata male, si confessa e intrattiene. Cosa si vuole di più dalla vita? Magari farsi una bella cantata. Basta chiedere: con Just For Now la platea viene divisa in tre e si prova a fare da coro e contrappunto alla sola voce di Imogen. Divertente, bello, partecipativo. Fossero tutti così sai che pacchia? Paradossalmente il momento meno intenso della serata – forse anche per il discorso location dell’inizio - è proprio quello di Hide And Seek, il singolone. Tutti lo chiedono ma dal vivo non rende così bene come ci si può immaginare.
Il concerto si chiude poco prima dell’una. Bello, davvero bello. Sincero, divertente, emozionante. La conferma di un vero talento che dal vivo risalta ancora di più. Faccio spese al banchetto e infilo la via di casa. Durante il viaggio ascolto il disco appena preso. Si viaggia in silenzio. Potere di un concerto come si deve...
Articolo del
21/03/2010 -
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