Ocean Colour Scene Ocean Colour Scene live @ Hard Rock Cafè - Roma, 18 marzo 2010 Roma  18/03/2010 di Fabrizio Biffi

Volete la cronaca di un concerto “per caso”? Vi può interessare sapere come è possibile incontrare un pezzo del proprio passato da fan quasi “per caso”? Se proprio vi va, provo a raccontarvelo al volo. Ma prima devo ringraziare un personaggio che all’inizio degli anni ottanta era tra i più importanti e influenti Vee Jay della tv italiana, quel Rick Hutton che dagli studi della prima tv musicale italiana, Videomusic, conduceva insieme al mitico Clive le strisce quotidiane di musica che nell’era del duopolio erano una manna per tutti gli appassionati di rock e dintorni. Oggi Rick conduce una trasmissione radiofonica su Radio Città Futura verso l’ora di pranzo, ed è da qui che parte la mia giornata di avvicinamento al concerto degli Ocean Colour Scene, band che ho amato sin dagli esordi senza pormi il problema se fossero vecchi, nuovi o già sentiti. Se non fosse stato per la “dritta” di Rick, che alla fine del suo programma radiofonico ringraziava un amico per l’accredito al concerto degli Ocean Colour Scene, mai avrei assaporato la sensazione di vedermeli a due spanne qualche ora dopo. Non so come è nata questa data romana degli OCS, ma sin dai loro esordi ho sempre pensato che senza andare a pizzicarli oltremanica sarebbe stato difficile vederli in giro per lo stivale. Ecco perché la soddisfazione di trovarmeli a pochi centimetri in un contesto così atipico, l’Hard Rock Cafè di Roma, è quadrupla o forse poco quantificabile.

Gli Ocean Colour Scene sono quelli che nel 1996 si sono levati la soddisfazione di scalzare gli Oasis dal primo posto nelle classifiche inglesi con quel capolavoro di rock puro che è Moseley Shoes. Intendiamoci, non siamo in presenza di un progetto musicale creato per stravolgere i canoni della musica, ma i quattro (ora cinque) ex-ragazzi di Birmingham hanno uno stile che trasuda il sapore e l’essenza del rock inglese in ogni sua venatura. All’Hard Rock Cafè di Roma trovo un’atmosfera da Top of the Pops che non mi dispiace per niente, e passa solo qualche minuto prima che Fowlers e soci attacchino The Riverboat Song, senza tradire esitazioni, i maestri non riconosciuti del brit-pop fanno scorrere nell’aria del locale la parte migliore della loro storia - ad essere onesti - fatta di alta e bassi. Domina la scaletta una specie di estrema ratio: si passa alternativamente dai primi due album ai nuovi pezzi di Saturday, l’ultima produzione in studio degli Ocean Colour Scene. Quello che mi piace degli Ocean Coluor Scene è la classe e l’equilibrio che sfoderano dopo tanti anni di canzonette. Senza tanti fronzoli danno soddisfazione a chi li ha assorbiti e apprezzati negli anni. Aspettavo con trepidazione The Circle, uno dei loro primi singoli adottati anche da Paul Weller, e al terzo pezzo sono stato accontentato. Ero convinto che non mi tradissero con The Day We Caught The Train, e alla fine del concerto hanno fatto cantare i cento fortunati dell’Hard Rock Cafè con il ritornello del loro successo quasi più scontato.

A volte la semplicità è più forte dei luoghi comuni, e allora grazie Rick Hutton, ti devo questo giovedì non di gnocchi, ma di Ocean Colour Scene in carne ed ossa tra lo stupore di una scolaresca in gita che passando davanti al locale di Via Veneto cercava di capire cosa fosse il brit-pop...