È stato uno dei dischi dell'estate: 'Lantern' del neanche trentenne Hudson Mohawke, al secolo Ross Birchard, attivo da oltre un quindicennio come producer, dj, sperimentatore, manipolatore di suoni proveniente da Glasgow, Scozia, ma da tempo immerso nella scena hip-hop ed elettronica globale. È il suo secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo l'esordio con 'Butter' (2009, sempre WARP) e una miriade di EP (tra i quali il successo di 'Chimes', 2014), produzioni, collaborazioni e live, questi ultimi potentissimi, come personalmente sperimentato in una serata del festival Meet In Town, all'Auditorium Parco della Musica di Roma qualche anno fa (2010?).
Qui siamo dinanzi a un lavoro forse a tratti bulimico, rigoglioso, barocco. Come se si incrociasse la mirabolante creatività dei (compagni di scuderia) Plaid con l'esasperante ricchezza orchestrale e digitale à la Kanye West (con il quale il nostro HudMo ha recentemente collaborato). Così eccoci a un lavoro di fatto inclassificabile: sopraffina arte musicale elettronica, accompagnata da sovrabbondante orchestrazione e molte collaborazioni. Con un alternarsi di beat possenti, a volte spezzati, altre con cassa dritta, sempre a squarciare paesaggi sonori a tratti oscuri e crepuscolari, altre volte luminosi e cangianti. Per oltre 47' di immersione uditiva che supera generi, paragoni, confronti e crea uno spazio a metà tra Intelligent Dance Music e Popular Music, dove l'una si contamina con l'altra, per il piacere delle nostre orecchie, teste, cuori, gambe.
Distribuiti nei 14 pezzi troviamo per lo meno 4 potenziali singoli devastanti. Subito dopo l'apertura di Lantern si inizia con quello che è stato anche il primo, vendicativo, video proposto, Very First Breath con la voce del francese Irfane: di fatto la pulsante ouverture dell'intero lavoro, sinfonica e pop al contempo. Quindi ecco la strumentale Ryderz, che riprende un sample da blaxploitation da D.J. Rogers, per arrivare alla splendente Warriors, con Ruckazoid & Devaeux ad alternarsi alla voce, secondo video da distopica fuga nella nottata metropolitana: un'epica sinfonia elettronica, introspettiva e corale al contempo, con tanto di coro da intonare: "We are the Warriors"... Si prosegue con due strumentali soundtrack, Kettles e la fomentatrice Scud Books di tastierone tirate, che di fatto apre la seconda parte del disco, per arrivare all'inconfondibile voce di Antony Hegarty nell'oscura Indian Steps, soffocata ballata un po' fuori registro, eppure perfetta. Ma dopo le percussioni tribali di Lil Djembe si sprofonda in un altro caleidoscopico mix di luce e tenebre con la voce di Miguel in Deepspace, tra echi e sonorità lontane. E dopo l'intermezzo sempre da fomento di Shadow eccoci con l'altra splendida voce di Jhené Aiko nella melodia spezzata da beat di Resistance. Evitando l'ultracoatta System, si arriva al divertente, solare loop di Portrait Of Luci, quindi la chiusura in crescendo di Brand New World.
Davvero un lavoro eccellente, questo 'Lantern' di Hudson Mohawke: tappeti sonori mirabolanti, melodie perfette, beat devastanti e sopraffine prove da vocalist che accompagnano stratificate partiture, con attitudine non riconciliata ai tempi presenti: tra Warriors e Resistance. E sarà quindi imperdibile l'unica data italiana di Hudson Mohawke, venerdì 11 settembre (ad aprire Mano Le Tough ed altri), in occasione della due giorni del festival Scenario (che il 12 settembre vedrà come protagonista Nathan Fake, Rødhåd ed altri), meritoriamente promosso da Rebel e Red Bull Music Academy al Circolo Andrea Doria di Roma (https://www.facebook.com/scenariofest).
Articolo del
01/09/2015 -
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