Artista iperprolifico, Howe Gelb. A volte in maniera sconsiderata: lo osservavamo anche nella recensione della sua incursione romana più recente. Il musicista ha sempre dato voce alla propria creatività inusitata, e soprattutto nell’ultimo decennio, grazie anche alla meritevole messe di ristampe della Fire Records (che ha reso di nuovo disponibile il catalogo dei Giant Sand), è stato una presenza piuttosto costante nel mercato discografico.
L’ultimo progetto in cui si è imbarcato il nostro è una rilettura sui generis di Ballad Of A Thin Line Man, secondo LP dei suoi Giant Sand, una perla grezza uscita nel 1986. Ne sentivamo il bisogno? Forse no.
L’asprezza della lunga “Thin Line Man” (in origine, brano di apertura; ma l’ordine dei pezzi è alterato) funzionava alla perfezione, col rallentamento sinistro della seconda parte arricchito dal violoncello, e il vigore recuperato nella movimentata coda con le chitarre elettriche sferraglianti. La nuova versione la irrobustisce e la rende più distorta e compatta, ma la priva di sfumature.
La zoppicante, acustica “Graveyard” deviava verso un bizzarro coro quasi spiritual; qui le sei corde sono sia elettriche sia acustiche, ma la stramberia della composizione è svanita. Le chitarre stridono e sono acide, ma a “Body Of Water” manca lo slancio di trent’anni fa.
Più impetuosa, e piacevole, la cover di “You Can’t Put Your Arms Around A Memory”. “A Hard Man To Get To Know” si mantiene ora martellante ora dall’andamento più tranquillo. “Who Am I?”, voce e chitarra acustica - per quanto semplice, uno dei pezzi più riusciti di Ballad Of A Thin Line Man - è ulteriormente ridotto all’essenziale.
La ballata un po’ scialba “The Chill Outside”, scritta da Paula Jean Brown (al tempo tra i membri della band) e da Gelb, acquista vigore e diventa un po’ più interessante. “Desperate Man”, riff accattivante e uno dei brani più orecchiabili, fa una figura eccellente anche in questo aggiornamento 2019. In Recounting The Ballads Of Thin Line Men sono stati sacrificati due pezzi dell’LP del 1986: l’energica cover di “All Along The Watchtower”, e la lenta “Long Legs”, in cui cantava Falling James dei Leaving Trains. Vi compaiono invece “Reptilian”, “Tantamount” e “Tantamount Blast”; impossibile, però, considerarli più che riempitivi.
Tirando le somme, Gelb ha pubblicato una reinterpretazione più matura, “adulta”, e normalizzante. Per l’occasione, smessi i panni del giovane stravagante, ha indossato abiti non certo formali, ma non sdruciti, e con parecchie spiegazzature in meno. Il disco è apprezzabile per chi si avvicina a quella raccolta di canzoni per la prima volta; altrimenti, risulterà sostanzialmente superfluo
Articolo del
17/09/2019 -
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