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Mudhoney
Morning in America
2019
Sub Pop
di
Andrea Salacone
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A un anno dal pregevole Digital Garbage, uscito nel 2018, i Mudhoney si riaffacciano sul mercato discografico con l’EP Morning in America, e confermano ulteriormente il proprio talento.
Sette tracce che bruciano di energia travolgente, provenienti dalle session di registrazione dell’album sopracitato. Testi lucidi, amari e battaglieri, feedback, fuzz a profusione; Mark Arm, Steve Turner, Dan Peters e Guy Maddison ribadiscono di essere una voce fuori dal coro, e conquistano l’ascoltatore con l’intensità di “Vortex of Lies”, il piglio garage di “Creeps Are Everywhere” e di “Let’s Kill Yourself Live Again” (rivisitazione ancora più movimentata di un brano di Digital Garbage).
La cover di “Ensam I Natt”, pezzo impetuoso degli svedesi Leather Nun, dal loro primo minialbum del 1984, è l’ennesima “dichiarazione di appartenenza” (il repertorio di riletture incise dalla band fa girare la testa).
“Snake Oil Charmer” e, soprattutto, l’impasto sonoro minaccioso di “One Bad Actor” rinsaldano la reputazione dei Mudhoney come eredi più credibili degli Stooges. “Morning in America” ibrida le atmosfere cupe di “If I Think” e “Broken Hands” (due classici del gruppo) attenuandone la malinconia.
Un altro titolo da non perdere; e tanto di cappello davanti all’integrità indiscussa di questi (ex) monellacci dell’underground americano che non sembrano voler invecchiare
Articolo del
20/09/2019 -
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