Coccolati dalla critica, tuttavia artisti decisamente di nicchia in termini di successo e di vendite in ambito discografico (malgrado una breve parentesi anche su major), i californiani Redd Kross hanno alle spalle una carriera pluridecennale, iniziata alla fine degli anni Settanta con concerti nella scena hardcore punk (aprivano per i Black Flag).
Una band di culto, formata dai fratelli Jeff e Steve McDonald, per la quale il 2024 è stato un anno importante, segnato dall’uscita del film “Born Innocent: The Redd Kross Story”, dell’autobiografia “Now You're One of Us: The Incredible Story of Redd Kross” (per la prestigiosa Omnibus Press) e del nuovo album “Redd Kross”.
Un’opera ambiziosa, in doppio LP, lodata dalle testate specializzate; non priva di qualche riempitivo, ma anche prova inconfutabile ed esempio perfetto del talento musicale dei McDonald e della miscela irresistibile di punk, glam, pop, rock e psichedelia che riescono a ottenere con le loro canzoni.
I brani sono spesso orecchiabili e le armonie vocali si inchiodano nella testa. Si comincia con “Candy Coloured Catastrophe” ed è subito un’esplosione di melodie che creano un’atmosfera spensierata di calore ed entusiasmo.
“Stunt Queen” ha un ritornello che si potrebbe immaginare eseguito all’unisono da gruppo e pubblico in uno stadio affollato. “The Main Attraction” evoca l’energia e al contempo la dolcezza dei Big Star migliori.
“Good Times Propaganda Band”, “What's In It For You”, “I'll Take Your Word For It” e “Stuff” mescolano sonorità anni Sessanta, Settanta, chitarre acustiche, linee di basso ipnotiche e omaggi o citazioni esplicite (Who, Kinks, Rolling Stones, Beatles). “Back Of The Cave” sembra un out-take da “The Village Green Preservation Society” modernizzata e arricchita da un assolo elettrico con wah-wah.
La seconda parte del disco riserva altre gradite sorprese, in un’alternanza di composizioni ora più ora meno articolate, accelerazioni repentine (“Lay Down and Die”), sbalzi ritmici ornati da intrecci di acustiche e sei corde elettriche scampanellanti (“Way Too Happy”), una festosa celebrazione dei sacri tre accordi del punk-rock (“Simple Magic”), la malinconica ballata powerpop “The Witches Stand” (con riferimenti a Brian Jones e a Dee Dee Ramone) e stramberie psichedeliche accattivanti (“The Shaman's Disappearing Robe”).
La vivacità dell’album cattura l’attenzione dell’ascoltatore, anche se diciotto pezzi sono troppi, non tutti degni di essere ricordati. Se però si nutre ammirazione per questi simpatici outsider dell’underground americano sarà impossibile non cadere nella trappola formidabile delle loro melodie. Per l’ennesima volta…
Articolo del
14/01/2025 -
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